Arrivano a S.Giovanni Rotondo gli specialisti che vengono inviati dalle autorità ecclesiastiche per esaminare le stigmate dal punto di vista scientifico.
Nel mese di maggio del 1919 giunge il prof. Luigi Romanelli, primario dell'ospedale civile di Barletta. In luglio è la volta del prof. Amico Bignami, ordinario di patologia medica nell'università di Roma.
Infine giunge, in ottobre, il dott. Giorgio Festa. Quest'ultimo tornerà di nuovo a S.Giovanni Rotondo, nel luglio dell'anno successivo 1920, in compagnia del dott. Romanelli. E sarà soprattutto il dott. Festa che, in contrasto con le tesi positivistiche del dott. Bignami, dimostrerà in seguito, con la pubblicazione del libro:"Tra i misteri della scienza e le luci della fede", la soprannaturalità delle stigmate di Padre Pio. A S.Giovanni Rotondo,
Padre Pio continua a vivere la sua vita fatta di momenti di comunità con i confratelli, di incessante preghiera, di assistenza ai giovanetti del seminario serafico, di direzione delle anime per via epistolare ed ore e ore trascorse a confessare la gente che accorre al Gargano richiamata dalla sua fama di santità. Lo comunica lui stesso a padre Benedetto il 3 giugno del 1919: "...La maggior carità è quella di strappare anime avvinte da Satana per guadagnarle a Cristo..... Qui vengono persone innumerevoli di qualunque classe e di entrambi i sessi, per solo scopo di confessarsi e di questo solo scopo vengo richiesto".
A migliaia cominciano ad arrivare nell'eremo del Gargano le lettere dirette a lui. Infatti così egli scrive, sempre il 3 giugno, ad una sua figlia spirituale Erminia Gargani: "Non ti meravigliare se io non rispondo alle tue, perché i molteplici lavori me lo impediscono. Tu intanto seguita a scrivere regolarmente ed indirizza la corrispondenza alla signorina Nina Campanile (insegnante) e lei penserà a consegnarmela a parte, perché se l'indirizzi a me, date le migliaia di corrispondenze che giungono quotidianamente, non avrà nemmeno la fortuna di essere aperta".
Il 5 luglio 1919 padre Pietro da Ischitella succede nel governo della provincia di Foggia-S.Angelo a padre Benedetto, direttore spirituale di Padre Pio.
A Roma, intato, le vicende di S.Giovanni Rotondo vengono seguite con attenzione e circospezione. Papa Benedetto XV e il Sant'Ufficio inviano nella località del Gargano degli osservatori fidati che mantengono l'incognito. Il 20 marzo 1920, giunge in veste privata, ma per ordine di Papa Benedetto XV, l'arcivescovo di Simla, mons. Anselmo Edoardo Kenealy, un prelato diffidente verso tutte le manifestazioni mistiche. Alla fine della visita lascia questa testimonianza scritta: "Veni, vidi, victus sum!". Sono venuto, ho visto e sono stato vinto...... A San Giovanni Rotondo abbiamo un vero santo, singolarmente privilegiato dal Signore con le cinque piaghe della passione e con altri doni, gratis dati, che siamo abituati a leggere nella vita dei grandi santi. Non vi è la minima affettazione nel comportamento o nella conversazione di Padre Pio. E' osservante e operoso, ha grandi doni del Signore e non di meno è tutto naturale, nel più degno senso della parola. Se sa soffrire, sa anche sorridere. Son persuaso che fra poco la Santa Sede avrià il felice dono di esaminare la vita, i doni, i miracoli di Padre Pio per lo scopo di scrivere il suo caro nome fra quelli dei più privilegiati santi della Chiesa di Dio...".
Parole profetiche che saranno seguite da altri commenti positivi espressi da personaggi importanti come mons. Bonaventura Cerretti, arcivescovo di Corinto e segrario per gli Affari ecclestiastici straordinari: "Mi raccomando vivamente alle preghiere di Padre Pio", scrive sul registro dei visitatori. O come Padre Luigi Besi, passionista amico del Papa e grande esperto di teologia mistica e della fenomenologia mistica. Nessuno è al corrente della visita di padre Besi. Ma arrivato alla stazione di Foggia viene avvicinato da un Padre cappuccino che lo invita a prendere posta in una carrozza venuta appositamente per lui da S.Giovanni Rotondo. Padre Besi rimane perplesso perché non aveva accennato a nessuno di questa visita. Il cappuccino gli spiega:"E' stato padre Pio ad avvertirci della sua visita. Ieri sera ha detto al padre Guardiano che oggi, a Foggia, sarebbe arrivato un padre passionista inviato dal Papa.
Padre Besi si trattiene molti giorni a S.Giovanni Rotondo, ricavando un'ottima impressione di Padre Pio del quale dice che:"è privilegiato da Dio come la Gemma Galgani", anzi di più"(Renzo Allegri: A TU PER TU CON PADRE PIO pag. 103 - Ed Mondadori).
LE GRANDI PROVE
Ma si addensano sul frate stigmatizzato le nubi della grande "Prova". Satana si prepara a sferrare un violento attacco concentrico su colui che appare debole, malato, sofferente, ma che attraverso l'obiettivo della Storia emergerà come un Gigante dello Spirito, un atleta forte dell'Amore di Cristo, un uomo che attraverso la Legge delle Beatitudini ha imposto ancora una volta la forza della "debolezza" alla debolezza della "forza".
Il 18 aprile 1920 giunge a S.Giovanni Rotondo padre Agostino Gemelli, frate francescano,medico, psicologo, scienziato di fama mondiale. L'anno prima ha fondato a Milano l'Università del Sacro Cuore, meglio conosciuta come l'Università Cattolica. Egli si incontra, per motivi del tutto personali, con padre Pio e ne riporta una favorevole impressione. Infatti, alludendo al confratello cappuccino, scrive così nel registro dei visitatori:"Ogni giorno constatiamo che l'albero francescano dà nuovi frutti e questo è il conforto più grande a chi trae alimento e vita da questo meraviglioso albero".
L'atteggiamento del Gemelli subisce però un cambiamento allorquando chiede di vedere da medico le stimmate di padre Pio. Ma i superiori e lo stesso Padre Pio dicono di no giustificando il fatto che senza un regolare permesso dell'Autorità Ecclesiastica egli non avrebbe potuto visitare il frate stigmatizzato.
Deluso e irritato, Padre Gemelli, in occasione di un saggio dedicato alle stimmate di San Francesco, esprime delle affermazioni poco prudenti sul conto del Frate stigmatizzato di Pietrelcina. Egli, pur non avendo mai visitato da medico padre Pio, manifesta giudizi discutibili su di lui scatenando, negli anni che seguiranno, dispute, polemiche, giudizi superficiali, incredulità e scetticismo(cfr.Tutto Padre Pio, Luigi Panella Editore).
Alle affermazioni del Gemelli risponderà il Gesuita Padre Gervasio Celi che, sull'autorevole rivista "La Civiltà Cattolica" definisce "inesatte e imprudenti " le affermazioni del filosofo, ricordando, altresì, che dopo Francesco di Assisi la Chiesa ha elevato agli onori degli altari altri sessanta stigmatizzati.
Padre Pio, intanto, prega, soffre, vive la sua vita nel silenzio e nell'intimità del suo convento di S.Giovanni Rotondo. Il 20 dicembre del 1921 così apre il suo cuore a padre Benedetto da S.Marco in Lamis, rivelando solennemente, al suo Direttore Spirituale, le coordinate della sua Vita Sacerdotale: "Sono divorato dall'amore di Dio e dall'amore del prossimo. Dio per me è sempre fisso nella mente e stampato nel cuore. Mai lo perdo di vista: mi tocca ammirarne la sua bellezza, i suoi sorrisi, ed i suoi turbamenti, le sue misericordie, le sue vendette o meglio i rigori della sua giustizia".
Si è già parlato, in precedenza, dei primi fenomeni di bilocazione di padre Pio. Ma ci sono tanti e tanti episodi della sua vita nei quali si è toccato con mano il fatto che il frate di Pietrelcina avesse in dono, oltre al soave profumo di violetta che emanava, il carisma della bilocazione che santi come Caterina da Siena, Antonio di Padova ed altri ancora, hanno avuto da Dio. E, giova sottolineare che, tranne qualche volta in cui l'ha confidato in privato a qualche figlio o figlia spirituale, il Padre non ha mai ostentato questi stupendi Doni dello Spirito. Senza mai muoversi da S.Giovanni Rotondo, dal 1918 alla sua morte, Padre Pio è stato visto da don Orione nella Basilica di S.Pietro, in occasione della beatificazione di S.Teresa di Lisieux. Dal generale Cadorna, quando in preda allo sconforto per la sconfitta di Caporetto tenta il suicidio, ma viene salvato da un frate sconosciuto che, in seguito riconoscerà in Lui durante una visita a S.Giovanni Rotondo. Da mons. Damiani, della diocesi di Salto in Uruguay, il quale in punto di morte è stato visitato da Lui.
A Benevento, a Palermo, a Perugia ed in tanti altri luoghi che solo gli Angeli di Dio possono catalogare. Episodi straordinari che manifestano in modo tangibile i favori ed i privilegi che Dio ha concesso a questo frate che nell'umiltà e nella semplicità vive sempre più generosamente l'assimilazione a Cristo: con la croce e con l'amore.
Anche In seguito agli interventi di padre Gemelli, gradualmente l'atteggiamento delle Autorità ecclesiastiche cominciano a cambiare nei confronti di padre Pio. Nel gennaio 1922 Papa Benedetto XV muore ed al suo posto viene eletto Pontefice Achille Ratti, milanese, amico fraterno di Padre Gemelli.
Nel frattempo altre testimonianze negative su padre Pio giungono al Santo Uffizio, provenienti dalla terra stessa del Gargano. Non intendiamo qui mettere il dito su una piaga ormai rimarginata, grazie al giudizio stesso della Storia. Certamente le accuse a padre Pio coinvolgono, nei giudizi negativi, anche i frati del convento di S.Giovanni Rotondo. Il Padre Generale dei cappuccini invia, dietro accuse ed illazioni che gli pervengono un po' dappertutto, un visitatore nella cittadina del Gargano. Questi si rende subito conto che la realtà è molto diversa da quanto paventato dalle accuse. Ciononostante, Il 31 maggio 1923, la Suprema Congregazione del Santo Uffizio emana il primo decreto contro Padre Pio, affermando che "...dopo un inchiesta sui fatti attribuiti a Padre Pio da Pietrelcina dei Frati Minori Cappuccini del convento di S.Giovanni Rotondo, nella diocesi di Foggia, dichiara non constare, da tale inchiesta, della soprannaturalità dei fatti, ed esorta i fedeli a uniformarsi, nel loro modo di agire, a questa dichiarazione".
Il decreto viene pubblicato, il 5 luglio 1923, sull'"Osservatore Romano", che è il quotidiano della Santa Sede. Si sentenzia, quindi, che le stigmate del frate non hanno niente a che fare con le piaghe di Gesù Cristo. Un giudizio emesso senza tenere, in alcun conto, dei risultati delle analisi fatte dai medici che hanno visitato padre Pio, specialmente quelle del dott. Festa che più di tutti ha affrontato con obiettività e serenità, oltre che scientificamente, il problema delle stigmate.
Palpabile, in una lettera scritta, l'anno prima (4/9/1922) ad una sua figlia spirituale, Antonietta Vona, la grande sofferenza che pervade padre Pio: "Ti ringrazio di quanto fai per me presso Gesù, ma ho bisogno assai ancora della sua grazia. Sono estremamente amareggiato e se Gesù non viene presto in mio aiuto vedo che dovrò soccombere sotto la prova"
Il 24 luglio del 1924 il Santo Ufficio emana un secondo monito, seguito da un terzo nel 1926. Intanto a Roma accade un fatto straordinario, reso noto dalla contessa Virginia Silj, cognata del cardinale Augusto Silj, uno dei collaboratori di Papa Pio XI. Mentre il Pontefice è nel suo studio privato, intento a parlare con alcuni cardinali e prelati sulla questione "Padre Pio", con la prospettiva di un provvedimento drastico come la "sospensione a divinis", improvvisamente entra nello studio Papale un frate cappuccino. Tutti gli astanti si guardano in faccia e lo stesso Papa si chiede chi può averlo fatto passare, visto che è proibito a chiunque entrare. Il frate si avvicina al Pontefice e, dopo essersi inginocchiato, gli bacia il piede e gli dice:"Santità, per il bene della Chiesa, non permettete questo". Poi si alza, va verso la porta ed esce.
Il Papa allora ordina al suo segretario di interrogare tutte le persone che stanno fuori dal suo studio, per scoprire come mai quel religioso sia entrato dentro senza essere stato fermato. Ma, sia gli uscieri, che le guardie e i segretari dicono di non aver visto nessun frate da quelle parti e che, nel caso, l'avrebbero fermato (Renzo Allegri, A tu per tu con Padre Pio, Ed. Mondadori pag. 122). Il Papa allora chiama il cardinale Silj, amico ed estimatore di padre Pio, e lo incarica di prendere prudentemente contatto con il superiore del convento di S.Giovanni Rotondo, per sapere se lo stesso giorno e la stessa ora in cui è apparso il frate sconosciuto, padre Pio fosse in convento oppure no. Si può così verificare che padre Pio non ha mai lasciato il convento, neppure per un attimo. Al sentire queste cose il Papa esclama::"Qui c'è il dito di Dio". Allora, pensando che tutte le accuse sul frate stigmatizzato non siano veritiere invia personalmente a S.Giovanni Rotondo i monsignori Luca Pasetto e Felice Bevilacqua.(Renzo Allegri, A TU PER TU CON PADRE PIO, Ed. Mondadori pag. 122)
MARY PYLE
Il 5 dicembre 1928 la signorina Mary Pyle, figlia spirituale di padre Pio e insigne benefattrice dei Cappuccini, "dopo una breve permanenza a Pietrelcina , torna a S.Giovanni Rotondo, conducendo a casa sua, vicinissima al convento, Peppa, la mamma di Padre Pio, per farle passare il Natale insieme al figlio.
Malgrado la neve, il freddo rigido ed il vento tagliente, mamma Peppa sale ogni giorno la ripida strada per andare al convento e partecipare alla S.Messa celebrata dal figlio. "(Alessandro da Ripabottoni, Padre Pio da Pietrelcina: il Cireneo di tutti). "Una sera - ricorda il Superiore del convento, padre Raffaele da S.Elia a Pianisi - mamma Peppa mi dice:"Padre guardiano, vogliate bene a mio figlio Padre Pio"." Non temete di nulla - risponde padre Raffaele - intanto fate attenzione che c'è molto freddo ". E' infatti vestita leggera e non ha voluto mettersi un vestito di lana, donatole da alcuni amici, per non apparire come un "signora". La sua bontà e semplicità la dicono lunga su questa donna straordinaria, madre di un uomo Straordinario.
La notte di Natale del 1928, mamma Peppa si reca in chiesa e seduta tra l'altare dell'Immacolata ed il confessionale di Padre Pio, assiste commossa alla Santa Messa celebrata dal Figlio, baciando con tenerezza il Bambinello che le porge.
Scesa a casa, si mette a letto ammalata di polmonite doppia. Padre Pio va tutti a giorni a trovare la mamma, accompagnato dal padre guardiano che le porta la santa comunione.
Prima di morire, mamma Peppa riceve dal figlio gli utlimi sacramenti.
Tenerissimo l'affetto che lega queste due creature, mamma e figlio, figlio e mamma. Alla morte di Peppa, avvenuta il 3 gennaio del 1929, Padre Pio sfoga tutto il suo dolore in un mare di lacrime. "Era un pianto straordinario e straziante il suo - racconta una testimone oculare - inzuppava di lagrime un cumulo di fazzoletti e faceva piangere anche i presenti col suo lamento doloroso e con la viva espressione "Mamma mia bella!...Mammella mia!...". Qualcuno per confortarlo gli dice:"Ma caro Padre, lei stesso ci ha insegnato che un dolore non deve essere che un'espressione dell'amore, che noi dobbiamo offrirlo a Dio. Perché dunque lei piange così?". Ed egli - fattosi improvvisamente grave - risponde:" Ma questo è appunto: lacrime di amore e nient'altro che di amore".
Al grande dolore che gli sconquassa il cuore, per la dipartita dell'adorata mamma, si aggiungono, per padre Pio, altre tremende prove. Le autorità ecclesiastiche chiedono che venga trasferito in un'altra regione. Ma gli abitanti di S.Giovanni Rotondo organizzano delle ronde continue intorno al convento, per evitare l'esecuzione del trasferimento. Dolori fisici che si aggiungono a dolori morali. Spesso il frate viene colpito da forti febbri reumatiche, facendo salire il termometro a 44° e 46° Per misurargli la febbre, i superiori usano il termometro da bagno (Cfr. Alessandro da Ripabottone, Padre Pio da Pietrelcina, il Cireneo per tutti. Ed. Padre Pio da Pietrelcina 139-145").
LA SEGREGAZIONE
Il 23 maggio del 1931 il Sant'Ufficio emana un nuovo decreto che ribadisce le condanne precedenti e aggiunge:"A Padre Pio da Pietrelcina siano tolte tutte le facoltà ministeriali ad eccezione di quella di celebrare la Santa Messa, ma solo se celebrata entro il recinto del monastero, in una cappella appartata, in forma privata e senza partecipazione dei fedeli".
Trasparente e docilissimo l'atteggiamento di padre Pio di fronte a questi provvedimenti che Egli accetta sempre con pazienza e rassegnazione, consapevole che nei Superiori si manifesta, molte volte, la volontà di Dio. Solo col tempo si comprenderà che, se da una parte le sofferenze inaudite del frate di Pietrelcina sono volute da Dio per renderlo in tutto simile al Cristo sulla croce, dall'altra Satana si è servito perfino di strutture ecclesiastiche per cercare di abbattere, in ogni modo, questo sacerdote e "Altro Cristo".
Troppo pericoloso, per lo Spirito del male, il ministero sacerdotale di questo gigante della Storia della Chiesa. Si è ripetuto quindi, come e più del Santo Curato D'Ars, il duello feroce tra Satana ed un umile ministro di Dio colpevole solo - e questo lo attestano i biografi più attenti del frate di Pietrelcina - di aver riconciliato, per oltre sessant'anni, decine di migliaia di peccatori con Dio Misericordioso.
In questi tempi di segregazione la giornata di Padre Pio si svolge tra la preghiera e lo studio. Al mattina celebra la Messa che dura due ore. Ed in certe feste particolari anche quattro. Fa poi il ringraziamento e successivamente si reca a pregare per un altra ora in coro con i confratelli. Al termine si trasferisce in biblioteca per dedicarsi allo studio. Passano così tra le sue mani la Divina Commedia, la Storia della Chiesa Cattolica di Rohrbracher e vari testi classici di spiritualità e dei Padri della Chiesa.
Pur privato completamente della sua attività ministeriale, Padre Pio si mostra sempre lo stesso: sereno e tranquillo, tutto sopportando per amore di Dio. Mangia poco e non cena mai, così come la mattina non fa colazione e non prende neanche il caffè. Le stigmate gli causano perdita continua di sangue con conseguente pregiudizio delle sue condizioni di salute. Anche il semplice camminare, per lui, è doloroso, a causa delle stigmate ai piedi. Un figlio spirituale che riesce ad entrare nella clausura del convento, informa che il Padre se ne sta in coro, in un angolino a pregare e che spesso si asciuga le lacrime. Molto tempo lo trascorre anche in biblioteca.
Emerge in questo periodo sofferto della vita di Padre Pio, la figura dolce e tenerissima di quella che sarà la sua figlia spirituale prediletta: Cleonice Morcaldi.
Cleonice nasce il 22 gennaio 1904, nello stesso giorno in cui, a Morcone, fra Pio fa la professione religiosa.
Non si può capire l'affetto di Cleonice per Padre Pio e viceversa, alla luce dei normali parametri di giudizi sui rapporti tra uomo e donna. In realtà, specialmente laddove i contatti sono intessuti in una dimensione di fede e di spiritualità cristiana, possono nascere splendidi legami affettivi che rendono sublime il rapporto tra un uomo e una donna, tanto più se questi sono consacrati. E' quello che hanno fatto Gesù e i santi i quali hanno vissuto con alcune persone loro vicine un rapporto straordinario di amicizia e di affetto spirituale, senza però snaturare il loro amore totalizzante per Dio. I
Vangeli ci dicono che Maria Maddalena ed altre donne seguivano Gesù nel Suo ministero. Tenerissimo l'affetto di Maria verso il Maestro. Lo stesso è avvenuto nella vita di tanti santi, come Rufino di Aquileia e Melania l'anziana, come S.Girolamo e Paola di Roma, S.Giovanni Crisostomo che aveva una santa e tenera amicizia con S.Olimpia. Santa Radegonda, regina di Francia, e S.Venanzio Fortunato, vescovo di Poitiers. S.Francesco d'Assisi e Santa Chiara, S.Caterina da Siena e il beato Raimondo da Capua, S.Teresa d'Avila e S.Giovanni della Croce. Stupenda, meravigliosa, infine, la grande amicizia tra S.Francesco di Sales e S.Giovanna de Chantal.
Sullo straordinario rapporto di amicizia e direzione spirituale tra Padre Pio e Cleonice Morcaldi, avremo tanto da dire in seguito, cercando anche di parlarne in modo approfondito. Ora è opportuno sottolineare che più di una volta Padre Pio ha avuto modo di aiutare la madre di Cleonice, Carmela Fiorentino, tra le prime figlie spirituali del frate stigmatizzato. Grazie anche al suo aiuto, Cleonice può superare molte difficoltà connesse con gli studi e prendere finalmente il diploma di insegnante elementare. Per lei Padre Pio farà da padre e da mammina, specialmente dopo la dipartita della mamma. Cleonice, da parte sua, è e sarà sempre vicina al Padre che le affida, molte volte, i panni macchiati di sangue, perché li lavi. La vita di Cleonice è stata contrassegnata da un amore totale a Dio, rinunciando volontariamente al matrimonio, in tutto facendosi guidare da Padre Pio sulla via della perfezione. La semplicità e la grande umiltà l'aiuteranno a camminare spedita sulla via che conduce a Dio.
Durante questo periodo di segregazione di Padre Pio, una delle pochissime persone che può vederlo quotidianamente è Pietruccio il cieco. Cleonice, allora, lo chiama e gli consegna un biglietto da recapitare al frate. Sopra c'è scritto che Cleonice e le altre figlie spirituali sono rassegnate ed in pace portano la croce della sua privazione. Nel biglietto Cleonice aggiunge che un pensiero la conforta: quello di saperlo più libero e in compagnia di Gesù. A questo biglietto Padre Pio risponde per iscritto:"Devi sapere che il Signore elegge il sacerdote per l'altare e il confessionale. Soffro, non per me, ma per le anime. Ma sia fatta sempre la volontà di Dio. A Gesù dico: cosa ti renderò per questa prova di fuoco? Pregate sempre. Vi benedico con crescente affetto santo".
Cleonice Morcaldi descrive così, anni dopo, la desolazione che regna, durante la segregazione di Padre Pio, attorno al convento del Gargano: "Tolsero subito al Padre la carica di Direttore del terzo ordine francescano. Trasferirono il collegio dei fratini in un altro convento. C'era rimasto solo il Guardiano (il Padre Superiore, n.d.a.) e qualche altro frate. Nessuno più frequentava il convento. Una vera desolazione. Anche le figlie spirituali di S.Giovanni Rotondo non salivano più al convento. Solo qualcuna che abitava nelle vicinanze. E la dolce vittima restò solo, come il suo Gesù nel deserto, nell'orto, sul Calvario.
Si parlò anche di esilio. La dolce vittima, appena ebbe sentore di questa nuova condanna, si affrettò a scrivere una lettera al Sindaco, suo figlio spirituale, che molto lavorò e combatté per la difesa del giusto. In questa lettera il caro Padre diceva: "Se i miei superiori mi mandano lontano, un desiderio esprimo: che le mie ossa possano riposare in un tranquillo cantuccio di S.Giovanni Rotondo" (Cleonice Morcaldi, La mia vita vicino a Padre Pio. Diario intimo spirituale. Edizioni Dehoniane, pag. 66).
Noi crediamo che nella grande, inumana, sofferenza che ha accompagnato Padre Pio in tutta la sua vita, il Signore abbia permesso e voluto dargli la consolazione dell'affetto della sua figlia spirituale prediletta, Cleonice Morcaldi. E Cleonice, con la sua umile, discreta presenza, non solo ha accettato totalmente la direzione spirituale del Padre, camminando così speditamente per la via della perfezione cristiana, ma ha fatto sentire la sua vicinanza spirituale, nei periodi più travagliati della vita di Padre Pio.
In queste parole, stralciate dal Diario intimo spirituale di Cleonice Morcaldi, troviamo un altro spaccato del periodo travagliato che Padre Pio vive, quasi segregato, nel convento di S.Giovanni Rotondo: "Ogni giorno mi recavo al convento nella speranza di sentire la voce o la tosse del Padre. Niente. Giravo attorno al convento; guardavo tutte le finestre: nulla. Salivo la montagna fino al punto in cui si scorge il corridoio che mena alla cappellina. Il cuore voleva ad ogni costo vederlo passare. Dopo parecchi mesi, Gesù ebbe compassione di me. Ero vicina al pozzo esterno del convento. Non c'era nessuno. Alzai la testa involontariamente. Dietro ai vetri della finestra c'era il Padre. Dio mio. Non seppi dire altro! Il Padre mise il dito sulla bocca per dirmi: "stai zitta, non dir nulla", e andò via. Il cuore si riempì di gioia e di dolore, insieme.
Un frate mi disse che il Padre si tratteneva in coro, la sera, fino alle undici. Qualche volta lo sentirono piangere. Il mio cuore si addolorò profondamente. Guardai la finestra del coro, da fuori. Vidi che c'era un grande faro. Pensai: potrei far compagnia al Padre da casa mia, dal tetto, fino alle undici, pregando, unendo la mia povera preghiera a quella sua. La sera tardi, dal paese non si vede il convento, ma vedrò il faro. Quel padre mi disse pure che il Padre, quando finiva di pregare, spegneva il faro. Scrissi un biglietto al Padre, manifestandogli il mio desiderio di fargli compagnia dal tetto. Gli chiesi di mandarmi la benedizione quando spegneva il faro. Mi mandò a dire:"Permetto e prometto la benedizione""(Cleonice Morcaldi, La mia vita vicino a Padre Pio. Diario intimo spirituale. Edizioni Dehoniane. pag.67).
Per mantenere fede a questo impegno spirituale, ogni sera Cleonice sale verso le nove in soffitta, e dopo aver appeso a una trave la lanternina d'olio, affacciandosi dall'abbaino vede il faro che illumina il coro del convento. Il suo pensiero va quindi a Padre Pio che sta pregando nel coro. E alle preghiere del frate si aggiungono dalla soffitta, di una casupola di S.Giovanni Rotondo, quelle vibranti della sua figlia spirituale prediletta.
Ma si avvicina, finalmente, per Padre Pio il giorno della sospirata liberazione. A smuovere le acque saranno innanzitutto le ottime relazioni sul suo conto. fatte al Papa Pio XI, dai suoi inviati a S.Giovanni Rotondo, i mons. Pasetto e Bevilacqua. Ma un altro contributo lo darà anche la diffusione all'estero di un libro dal titolo "Gli anticristi nella Chiesa di Cristo" che smaschera le calunnie e le tresche ordite dai nemici di Padre Pio.
Il 16 luglio 1933 è un giorno importante della vita di Padre Pio. E' il giorno che pone fine alla sua segregazione, alla sua inaudita sofferenza, alla solitudine, all'abbandono di tanti amici e figli spirituali.
In questo giorno caratterizzato dalla calura dell'estate e solennizzato dalla festa della Madonna del Carmelo, Padre Pio ritorna a nuova vita. Ancora una volta il suo silenzio ha avuto ragione delle calunnie e delle trame ordite dal principe del male.
Ma il Signore si è servito anche di questo lungo tempo di dolore per forgiarlo e prepararlo per nuove grandi cose. Nelle parole di Cleonice Morcaldi, la commozione per la libertà ritrovata da Padre Pio: "Non riuscivo a frenare il pianto, né sapevo cosa dire al Signore. Sono momenti che non si possono descrivere. Entrai nella chiesina ormai gremita di gente. Riuscii a inginocchiarmi alla balaustra. Sull'altare c'era il calice, tutto preparato per la Messa. Tutti in silenzio guardavano la porticina della sagrestia. Appare l'atteso, con gli occhi bassi, con le lagrime, tutto commosso. Inizia la Messa trai i singhiozzi e le lagrime dei figli. Oh! come e quando piangeva lui! Quando ci distribuì la santa comunione, ci guardava. E, sebbene avesse anche lui gli occhi lagrimosi, di tanto in tanto diceva a bassa voce:"Non piangete più, ringraziate il Signore!"(Cleonice Morcaldi, La mia vita vicino a Padre Pio. Diario intimo spirituale. Edizioni Dehoniane. pag.69).