Il decennio che va dal 1952 al 1962 registra per Padre Pio da Pietrelcina uno dei periodi più travagliati della sua esistenza. Le folle accorrono in massa a S. Giovanni Rotondo. Ma non sono solo anime assetate della Parola di Dio o di Segni soprannaturali. Ci sono anche curiosi per nulla interessati alla ragione della fede. E se da una parte si attesta la ricerca di una vita autenticamente cristiana, dall'altra si arriva a delle esagerazioni che cadono sovente nel fanatismo religioso. In tutto questo, però, Padre Pio resta sempre sé stesso, stando in mezzo alle folle, riconciliando ogni giorno tantissimi peccatori con Dio, ma vivendo il suo rapporto con Dio come se tutto il chiasso che si verifica attorno a lui non lo riguardi.
La sua vita è sempre cadenzata dalla preghiera: da questo intimo rapporto con Dio che per nulla sembra essere distratto dalla confusione della gente. E la migliore definizione di sé stesso, egli la dà ad Attilio Crepas, giornalista di Stampa Sera: "Voglio essere soltanto un povero frate che prega".
Anche per preservare la regolare vita conventuale e la riservatezza di Padre Pio, giungono dei provvedimenti dei quali fin troppo la stampa si è sbizzarrita. "Per padre Pio, la preghiera è la chiave della sua esistenza e la garanzia della sua missione; è l'attività d'ogni sua giornata e di non poche ore della notte: è il compito che sente più suo e che lo impone al fascino di tutto il mondo; è la fonte di tanta gioia e, insieme, di profonda sofferenza. Sull'inginocchiatoio o sull'altare, nella chiesa o nella cella, trascinandosi per un corridoio o per i viali dell'orto cappuccino, con le mani raccolte o sgrananti la corona, il suo mondo è Dio: da contemplare, da lodare, da implorare, da propiziare. La sua è, più di tutto, una vita di preghiera, di ininterrotto filiale colloquio - dolce e ostinato - con Dio" (Fernando da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Ed. omonime S.Giovanni Rotondo, pag. 337).
Sono davvero tantissime, le attestazioni di amore e di fedeltà alla Chiesa da parte di Padre Pio. "Una volta, durante una discussione a carattere religioso, mentre altri si affannano a sostenere nuovi opinioni di moderni pensatori, padre Pio tronca tutti dicendo: "Voi potete dire quello che volete, ma io sto con la Chiesa e basta" (Padre Stefano Maria Manelli, Padre Pio da Pietrelcina, Casa mariana Frigento, pag. 151).
Egli arriva a definire la Chiesa "nostra tenerissima madre", nutrendo verso di essa un Amore incrollabile e straordinario, soprattutto verso il Sommo Pontefice, offrendo tutto sé stesso in immolazione per il Papa e per il Popolo di Dio.
La prova massima di amore alla Chiesa lo stigmatizzato del Gargano la dà "nelle prove durissime a cui viene sottoposto. Obbedienza cieca, in silenzio ed umiltà: Questo è e sarà sempre il suo comportamento nei lunghi decenni di tormenta". (Padre Stefano Maria Manelli, Padre Pio da Pietrelcina, Casa mariana Frigento, pag. 151).
"Dolce è la mano della Chiesa anche quando percuote, perché è la mano della madre" . Queste parole esprimono nitidamente il suo amore e la cieca obbedienza verso l'Autorità ecclesiastica.
Intanto il 14 maggio 1963 va in cielo Padre Agostino da S.Marco in Lamis. Amico, fratello, Padre e direttore spirituale della prima ora, egli è stato forse quello che più di tutti ha compreso profondamente l'anima e la personalità di Padre Pio. Si erano conosciuti a Serracapriola verso la fine dell'ottobre del 1907. "Il giovane fra Pio iniziava allora il primo anno di Corso Teologico, mentre padre Agostino era professore di Teologia. Tra maestro e discepolo si era stabilita ben presto una relazione di vicendevole comprensione e stima, che doveva prolungarsi fino alla morte" (Padre Pio da Pietrelcina, Epistolario I, pag. 55, Ed. Padre Pio da Pietrelcina). "Padre Pio aveva amato e rispettato il suo maestro e direttore, confidandosi volentieri con lui. Da parte sua Padre Agostino ricambiava a cuore aperto la stima e l'amore per il discepolo d'una volta ed aveva per lui un'autentica venerazione" (Padre Pio da Pietrelcina, Epistolario I, pag. 55, Ed. Padre Pio da Pietrelcina).
Grazie a Padre Agostino ed a Padre Benedetto da S. Marco in Lamis, che ci hanno lasciato ben conservate le lettere scritte e ricevute dal Padre nel corso di alcuni decenni, noi possiamo esplorare in parte, proprio attraverso i suoi scritti, la personalità e la straordinaria vita mistica del frate di Pietrelcina.