una perla preziosa inserita nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco
LA CHIESA DI SANTA SOFIA IN BENEVENTO
La chiesa risale all’anno 758 circa, ed è dovuta ad Arechi II, Duca di Benevento e genero di Desiderio re dei longobardi. Siamo nel periodo di maggior splendore del ducato longobardo di Benevento e l’ambizioso Arechi è tutto proteso a realizzare, nella capitale del ducato longobardo di Benevento, iniziative monumentali di prestigio, ispirate ad uno stile aulico che intende emulare ciò che l’imperatore di Costantinopoli ha realizzato nella propria capitale, costruendo la magnifica chiesa di Santa Sofia, Haghia Sofia, che sorge presso il palazzo imperiale.
Donato Calabrese
Benevento ha la sua parte nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco. Infatti, il sito seriale Italia Langobardorum luoghi di potere e di culto, di cui fa parte la Chiesa di Santa Sofia, è nella lista che raccoglie 890 siti che formano parte del patrimonio culturale e naturale dell’umanità.
Il riconoscimento del valore universale del sito seriale che comprende, la nostra preziosissima chiesa di Santa Sofia, significa anche l’attribuzione del giusto valore al ruolo storico, artistico e monumentale, oltre che sociale, svolto dal popolo longobardo in Italia.
La chiesa di Santa Sofia e gli altri sei luoghi che compongono il sito seriale Italia langobardorum potranno, non solo, essere meglio custoditi dall’inevitabile degrado causato dal tempo e, soprattutto, dall’incuria degli uomini. Ma, particolarmente, potranno certamente costituire un prezioso ed interessantissimo itinerario turistico e culturale che valorizzando tali attrattive, apporti ossigeno a quell’economia Sannitica che da tempo rivendica un ruolo che le spetta di diritto nei grandi traffici del movimento turistico italiano e mondiale.
E’ doveroso, a questo punto, descrivere, non solo ai Beneventani, ma anche a coloro che visiteranno queste pagine, la grande importanza artistica e monumentale della chiesa di Santa Sofia, che è, certamente, senza voler sottovalutare le altre bellezze, la gemma più preziosa dell’intero sito seriale Italia langobardorum.
La chiesa risale all’anno 758 circa, ed è dovuta ad Arechi II, Duca di Benevento e genero di Desiderio re dei longobardi. Siamo nel periodo di maggior splendore del ducato longobardo di Benevento e l’ambizioso Arechi è tutto proteso a realizzare, nella capitale del ducato longobardo di Benevento, iniziative monumentali di prestigio, ispirate ad uno stile aulico che intende emulare ciò che l’imperatore di Costantinopoli ha realizzato nella propria capitale, costruendo la magnifica chiesa di Santa Sofia, Haghia Sofia, che sorge presso il palazzo imperiale. Arechi guarda con ammirazione ad oriente, intendendo emulare l’opera dell’imperatore, dando inizio nel 758 o nel 760 o 762 a quella che conosciamo come la bellissima ed originalissima chiesa di Santa Sofia. Quella che sarà una delle opere più complesse e conservate dell’epoca longobarda.
La chiesa dovrà essere non solo cappella personale, ma anche santuario nazionale del popolo longobardo, specialmente dopo la caduta della Langobardia maior ad opera di Carlo Magno. L’architettura della chiesa si rifà alla cappella di Liutprando a Pavia, ed appare come “una delle più geniali ed interessanti costruzioni nell’ambito dell’architettura europea del primo medioevo”[1].
La costruzione originaria è meglio riconoscibile all’interno, con la pianta originalissima, che converge verso un nucleo centrale costituito da un esagono ai cui vertici sono collegate sei colonne collegate tra loro con archi sui quali si sviluppa la cupola.
L'esagono è circondato da un anello decagonale con otto pilastri di pietra calcarea bianca e due colonne ai fianchi dell'entrata, ognuno dei quali disposto parallelamente alla corrispondete parete. La disposizione delle colonne e dei pilastri crea insoliti giochi prospettici, inoltre la combinazione del decagono esterno con l'esagono interno dà luogo ad irregolari coperture a a volta.
Non meno originale è la forma delle pareti. La zona delle tre absidi è circolare, ma nella porzione centrale ed anteriore le mura disegnano parte di una stella, interrotta dal portone, con quattro nicchie ricavate negli spigoli. I rimandi artistici sono molteplici: da un lato, il corpo centrale slanciato richiama la tradizione propria dei Longobardi già affermata a Pavia, nella chiesa di Santa Maria in Pertica; dall'altro, non si può non rilevare un’influenza dell’architettura bizantina. Degli affreschi originari, dai colori vivaci, che una volta ricoprivano tutto l'interno della chiesa, è rimasto ben poco, a causa degli infelici restauri voluti dal cardinale Orsini, arcivescovo di Benevento.
A mio parere il rivestimento interno delle pareti della chiesa raffigurava pittoricamente tutta la vita di Cristo, a partire, logicamente, dall’annunciazione, di cui è rimasto l'angelo nunziante, per finire all'Ascensione di Gesù al cielo.
Purtroppo non sono rimasti che alcuni frammenti dell’intero ciclo pittorico che appartiene sicuramente alle preziosissime prime forme della pittura italiana, e sono presenti nelle due absidi laterali: l'Annuncio a Zaccaria, Zaccaria muto, l'Annunciazione e la Visitazione alla Vergine. Si tratta di affreschi operati da artisti legati alla Scuola di miniatura beneventana e creati tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo.
La facciata di Santa Sofia presenta, subito, guardandola di fronte, il segno inconfondibile del restauro settecentesco voluto dal cardinale Orsini. Gli spioventi ricurvi mostrano chiaramente l’indirizzo barocco dei restauri, che hanno in parte eliminato la primitiva, originalissima forma della chiesa longobarda.
Molto bello il portale romanico, nella cui lunetta si trova un bassorilievo del XIII secolo, originariamente posizionato sul protiro andato distrutto, che rappresenta Cristo in trono tra la Vergine, san Mercurio ed un abate inginocchiato, identificabile nell’abate Giovanni IV.
Il portale è incluso in una cavità più grande che ricorda anch'essa un portale, fiancheggiata da due colonne che reggono un altro arco.
Alla Chiesa di Santa Sofia fu annesso un monastero femminile, il cui chiostro, che si presenta oggi nell’eccezionale forma assunta in età romanica, reimpiega alcuni elementi della originaria edificazione longobarda. Attualmente il chiostro e le strutture del convento sono la sede del Museo del Sannio che ospita straordinari reperti provenienti dalla città e dal Sannio. [1] Guida d’Italia del Touring Club Italiano, Campania, Benevento, IV Edizione, Milano 198. Qui sotto il bellissimo Chiostro di Santa Sofia, adiacente alla Chiesa.