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Gesù, Il Risorto


LA CORPOREITA' DEL RISORTO

L'AUTENTICITA' DELLA RISURREZIONE


LA SINDONE: LA PIU’ INSIGNE RELIQUIA DELLA RISURREZIONE? 

   Cosa c’entra il tessuto Sindonico con la persona di Gesù? Questa è la domanda che molti possono farsi e che a tutt’oggi rappresenta l’interrogativo di fondo degli Studiosi che si avvicinano alla Sindone. La prima domanda che dobbiamo porci è se questo telo risale al tempo di Gesù. La seconda è conseguente: se le impronte presenti sul telo sono proprio quelle della Sindone che avvolse il corpo di Gesù dopo la sua morte in croce. La terza, invece, è relativa alla domanda sulla formazione delle impronte. Come si è formata l’immagine Sindonica. Ed è appunto la terza che potrebbe interessare particolarmente il nostro discorso sulla risurrezione di Gesù. Intanto partiamo da una breve descrizione del lenzuolo: Si tratta di un tessuto lino tessuto a spina di pesce, lungo 442 centimetri e largo 113 centimetri. Un primo particolare attira la nostra attenzione: la tessitura a spina di pesce. Si tratta di un tipo di tessitura che rende verosimile l'origine del tessuto nell'area siro-palestinese(http://www.shroud.it/STUDI.HTM). 

   La palinologia, ovvero lo studio dei pollini, ha recato un altro considerevole contributo allo studio della Sindone. Infatti, già nel 1973 la ricerca di Max Frei, esperto in indagini criminali attraverso la rilevazione di microtracce, aveva confermato la presenza, sul lenzuolo della Sindone, di pollini presenti solo in un'area mediorientale. Delle 58 specie identificate da Frei solo 17 crescono in Europa. Altri indizi: presenza di aloe e mirra; la presenza di un tipo di carbonato di calcio (aragonite) simile a quello ritrovato nelle grotte di Gerusalemme; tracce sugli occhi di monete coniate il 29 d.C. sotto Ponzio Pilato; una cucitura laterale identica a quelle esistenti su stoffe ebraiche del primo secolo rinvenute a Masada, un’altura vicina al Mar Morto(http://www.shroud.it/STUDI.HTM). 

Gundelia tournefortii   Anche il prof. Avinoam Danin, botanico della Hebrew University di Gerusalemme, si è pronunciato sui pollini presenti sulla Sindone. In Zygophyllum dumosum Boissparticolare vi sono alcune specie di piante che crescono insieme solo nella zona di Gerusalemme, tra cui il Cistus Creticus, la Gundelia tournefortii (a sinistra) e lo Zygophyllum dumosum Boiss (di lato)(http://www.sindone.org/it/ostens/sindstam/congr6gi.htm). 

   Così il 16 giugno 1999 il quotidiano IL MESSAGGERO, pubblicò la notizia: "Tracce di polline di piante tipiche di Gerusalemme e del vicino deserto di Giudea sono state rinvenute nella Sindone in un nuova ricerca condotta da due scienziati israeliani che conferma indicazioni precedenti. Lo studio è stato condotto dai professori Avinoam Danin e Uri Baruch dell'Università di Gerusalemme"(Il Messaggero, 16 giugno 1999, Esteri). 

   Un altro contributo alla nostra indagine, ci viene dalla Numismatica. Grazie al computer ed alla lettura digitale, sono state riscontrate, sul telo sindonico, tracce di monete romane del I secolo d.C.: si tratta di due monete rinvenute nelle prossimità delle orbite degli occhi dell’Uomo della Sindone. I numismatici hanno verificato che le due monete sono il Dilepton Lituus e il Simpulum, Dilepton Lituus coniate e in uso durante l’epoca di Tiberio dal procuratore della Giudea al tempo di Gesù, Ponzio Pilato. Le due monete, analizzate al computer, proverebbero che, diversamente dalla datazione al Radiocarbonio, che nega l’antichità e l’autenticità come lenzuolo funebre di Cristo, l'età della Sindone è di molto antecedente. Infatti, le due monete ora citate, coinciderebbero con l'epoca della morte di Gesù. Dilepton LituusInfatti, porre delle monete sugli occhi del morto era consuetudine ebraica, confermata da altri ritrovamenti di crani di 2000 anni fa al cui interno erano state rinvenute monete, cadute nelle cavità orbitali. Le monete recano la scritta «Tiberiu Kaisaros», invece di «Tiberiou Kaisaros», come avrebbero dovuto essere. Era stato proprio Ponzio Pilato, procuratore dell’imperatore Tiberio – come scrive Antonio Persili nel suo libro Sulle tracce del Cristo Risorto - ad emettere monete con questo errore grafico. Ciò esclude ogni possibilità che la tela della Sindone non sia autentica: essa certamente risale al tempo di Gesù e si trova in Giudea al tempo di Ponzio Pilato. 

   Dopo aver verificato la localizzazione del tessuto sindonico nell'area Palestinese e dopo aver visto, grazie al contributo invisibile delle tracce di monete che il tempo a cui risale è pressappoco quello in cui muore Gesù di Nazaret, con l'aiuto del Collegamento Pro Sindone vediamo perché la Sindone è il lenzuolo funerario di Cristo "C'è una perfetta coincidenza tra le narrazioni dei quattro Vangeli sulla Passione di Cristo e quanto si osserva sulla Sindone, anche riguardo ai particolari "personalizzati" del supplizio. * La flagellazione come pena a sé stante, troppo abbondante per essere il preludio della crocifissione (120 colpi invece degli ordinari 21). * La coronazione di spine, fatto del tutto insolito. * Il trasporto del patibulum. * La sospensione ad una croce con i chiodi invece delle più comuni corde. * L'assenza di crurifragio. * La ferita al costato inferta dopo la morte, con fuoruscita di sangue e siero. * Il mancato lavaggio del cadavere (per la morte violenta e una sepoltura affrettata). * L'avvolgimento del corpo in un lenzuolo pregiato e la deposizione in una tomba propria invece della fine in una fossa comune. * Il breve tempo di permanenza nel lenzuolo(http://www.shroud.it/STUDI.HTM). 

   Lo stesso Collegamento Pro Sindone indica in tre punti come la Sindone sia un Segno della risurrezione di Cristo: "Il corpo dell'Uomo della Sindone non presenta il minimo segno di putrefazione; è rimasto avvolto nel lenzuolo per un tempo di 30-36 ore. La formazione dell'immagine potrebbe essere spiegata con un effetto fotoradiante connesso alla Risurrezione. Non c'è traccia di spostamento del lenzuolo sul corpo. È come se questo avesse perso all'improvviso il suo volume"(http://www.shroud.it/STUDI.HTM). 

   Queste deduzioni sono confermate anche nel Documento del IV Symposium Scientifique International du CIELT, tenutosi a Parigi nei giorni 25-26 aprile del 2002. In tale documento, raggiungibile attraverso il sito del Collegamento pro Sindone, è scritto, tra l'altro: "...le caratteristiche tridimensionali dell'immagine corporea conducono all'ipotesi di una radiazione come causa della formazione dell'immagine perché una sorgente che agisce a distanza con un effetto inversamente proporzionale alla distanza, almeno per definizione è chiamato radiazione (Gonella 1984). Il fatto che l'immagine corporea penetri nel lenzuolo per una profondità di non più di poche fibrille di lino sulla corona dei fili, suggerisce l'ipotesi di un lampo di energia. L'aloe ha un effetto catalitico se un campo elettromagnetico (come la luce) agisce su un lenzuolo di lino e su di esso forma un immagine. I contorni ben definiti delle macchie di sangue fanno pensare che non vi furono movimenti fra cadavere e ST (Sindone Torino, n.d.a. di questo sito). dopo la deposizione nella tomba... ... La scienza ha inoltre verificato che il sangue fu impresso sulla ST prima dell'immagine corporea e che il processo di fibrinolisi(ridiscioglimento dei coaguli a contatto con il lenzuolo imbevuto di aloe e mirra) durò dalle 10 alle 40 ore; che il corpo umano fu avvolto per un tempo non superiore alle 40 ore perché non si riscontrano segni di putrefazione. 

   Ma c'è un ultimo dato che ci interessa da vicino. Le macchie di sangue dell'uomo della Sindone, appartengono alla specie umana. Si tratta di sangue umano maschile di gruppo AB che all'analisi del DNA è risultato molto antico. Il sangue è dello stesso tipo di quello riscontrato sul Sudario conservato nella Cattedrale di Oviedo (Spagna), una tela di 83 x 52 cm che presenta numerose macchie di sangue simmetriche, passate da una parte all'altra mentre era piegata in due. La tradizione la definisce Santo Sudario o Sagrado Rostro, cioè Sacro Volto. La preziosa stoffa giunse ad Oviedo nel IX secolo, in un'Arca Santa di legno con altre reliquie, proveniente dall'Africa settentrionale. Il sangue presente sul Sudario è umano, appartiene al gruppo AB e il   DNA presenta profili genetici simili a quelli rilevati sulla Sindone. Il Centro Español de Sindonologia (http://www.linteum.com) ha ulteriori informazioni sul Sudario di Oviedo nel suo website.

   Anche il confronto con il sangue del miracolo eucaristico di Lanciano (Chieti) mostra dati convergenti. Qui nel sec. VIII, nella chiesa di san Legonziano, nelle mani di un monaco basiliano che dubitava della presenza reale di Cristo nelle specie eucaristiche, al momento della consacrazione, l'ostia diventò carne e il vino si mutò in sangue. Dalle indagini compiute nel 1970 da Odoardo Linoli, libero docente in anatomia e istologia patologica e in chimica e microscopia clinica all'Università di Siena, risultò che la carne è vero tessuto miocardico di un cuore umano e il sangue è autentico sangue umano del gruppo AB (http://www.shroud.it/STUDI.HTM). 

    Ma non sono solo le impronte delle monete a far propendere per un'identificazione del lenzuolo con la Sindone che ha avvolto il corpo di Gesù morto. Altri studi, compiuti da Andrè Marion e Anne-Laure Courage hanno portato alla luce delle scritte presenti sulla Sindone, di cui risulta interessante la scritta maiuscola NAZARENUS, e quella, appena sotto il mento, in greco maiuscolo, HSOU, cioè IESOU; la I è probabilmente caduta o si è cancellata. Sono state trovate ancora altre scritte, non solo nei pressi del Volto, ma anche in varie altre parti del telo sindonico. 

   Considerato tutto questo, torniamo a verificare quanto scrive don Antonio Persili nel suo libro Sulle tracce del Cristo Risorto: “La risurrrezione è avvenuta con una esplosione di energia, che ha influito su tutti gli elementi presenti sulla pietra sepolcrale: il corpo di Gesù, gli aromi, le fasce, il sudario, le tele in genere, la Sindone.... I fenomeni, provocati dalla risurrezione, si possono dividere in tre gruppi: fenomeni di sparizione, fenomeni di posizione delle tele, fenomeni di impressione delle immagini”(Antonio Persili, Sulle tracce del Cristo Risorto, Edizioni C.P.R., seconda ristampa 2000, 230). 

   Nel sepolcro sono scomparsi sia il corpo di Gesù che gli aromi. Quanto cioè fosse di più pesante (solo gli aromi pesavano 100 libbre, cioè 32 chili e 700 grammi circa), mentre invece erano rimasti gli elementi più leggeri, come la Sindone, le bende, etc. 

   La posizione delle tele - perché ormai accettiamo la tesi di Persili - dimostra che il corpo di Gesù è scomparso dall’interno di queste tele, senza sfasciarle. Una scomparsa spiegabile solo con la sua risurrezione. Quindi il lenzuolo che ha avvolto il corpo di Gesù di Nazaret, con la formazione dell’immagine su di esso, è divenuto il primo testimone visibile, anche se silenzioso, della risurrezione; la prima reliquia di questo straordinario evento storico. 

   Nelle testimonianze evangeliche circa il sepolcro vuoto, non c’è presenza di aromi sulla pietra sepolcrale. Eppure Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea avevano comprato, per il rito di sepoltura, 100 libbre, di una mistura di mirra ed aloe. Come spiegare la sparizione di questi aromi, di cui Pietro nella sua ricognizione nella tomba non fa assoluta menzione? Solo con questa luce improvvisa sprigionatasi dal corpo di Cristo si può spiegare questa dissoluzione degli aromi. Una luce che può aver dissolto quasi 33 chili di misture aromatiche. La sparizione degli aromi accompagnata anche, secondo Persili, da un fenomeno concomitante come l’improvviso asciugamento delle tele che avvolgevano il corpo di Gesù”(Cfr. Antonio Persili, Sulle tracce del Cristo Risorto, Edizioni C.P.R., seconda ristampa 2000, 232).


LA CORPOREITA’ DEL RISORTO

   Dopo esserci lungamente soffermati sulla nuova tesi interpretativa del passaggio dell’apostolo Giovanni dal vedere al credere, passaggio avvenuto nel sepolcro vuoto, e dopo aver considerato, brevemente, il mistero della Sindone e le sue eventuali relazioni con la tesi rivoluzionaria di don Antonio Persili, in un clima di continuità con quanto espresso, vediamo di affrontare un tema molto dibattuto della risurrezione di Gesù. Si tratta della corporeità del Risorto, dopo l’esperienza della pasqua, così come ci viene presentata dalle tradizioni del Nuovo Testamento. Intanto è opportuno precisare che tali testimonianze non si soffermano molto nella considerazione della natura del corpo glorioso di Cristo. È negli scritti di Luca e Giovanni che troviamo dei riferimenti al corpo di Gesù risorto. Accenni che, in realtà, sono ispirati più da motivi apologetici che da un’intenzione primaria degli agiografi. Alle comunità cristiane di provenienza ellenistica, e quindi alquanto scettiche sull’idea della risurrezione corporea, Luca intende dimostrare che proprio ciò che sembra impossibile a loro è avvenuto in Gesù di Nazareth. Inoltre egli vuole dimostrare la continuità storica tra il Crocifisso ed il Risorto: “Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro”(Lc 24,38-43).

   Giovanni, che con Luca ha molti punti in comune, s’interessa particolarmente della dimensione corporea del risorto, se è vero che Gesù invita l’incredulo Tommaso ad affondare le sue mani nella ferita del costato, e le dita nelle stigmate delle mani e dei piedi. Lui, quindi, intende dimostrare l’identità del Risorto con il Crocifisso di alcuni giorni prima, visto che anche lui si rivolge, come Luca, a comunità extra palestinesi, e quindi di matrice ellenistica, abituate, quindi, ad un’idea che nega il carattere corporeo della risurrezione. Tuttavia, da nessuna parte dei vangeli è scritto che i discepoli arrivano al punto di toccare il corpo del Signore risorto, per giungere alla fede. Solo in alcuni scritti tardivi dell’era apostolica, come la Lettera degli Apostoli e la Lettera agli Smirnesi, di Ignazio d’Antiochia, troviamo alcuni accenni. In realtà, come si puoi capire dai dati evangelici, il Risorto viene riconosciuto, non perché è toccato dai suoi discepoli, fatto questo non indicato nei testi di Luca e Giovanni, ma perché, innanzitutto, è lui stesso che ha preso l’iniziativa di farsi riconoscere. E poi, perché Egli apre gli occhi dei discepoli alla conoscenza delle Scritture. Ciò che pongono in evidenza sia Luca che Giovanni è che dopo la sua risurrezione sembra non essere fisicamente riconosciuto il Risorto. 

   I discepoli di Emmaus lo riconoscono solo allo spezzare del pane(Lc 24,30-31). 

   Sul lago di Tiberiade viene riconosciuto solo dopo la pesca abbondante (Gv 21,4-7). 

   Contrariamente ai principi che regolano lo spostamento dei corpi, il risorto si sottrae alle leggi fisiche. Egli entra a porte chiuse nel luogo dove si trovavano chiusi i discepoli (Gv 20,19). Appare e scompare, in linea con le teofanie dell’Antico Testamento (Cfr. Genesi 18; Giosuè 5, 13, etc.). È chiaro, quindi, che la risurrezione di Gesù non debba essere confusa con quella del suo amico Lazzaro di Betania, il quale morirà nuovamente. Quella di Gesù, invece, è una risurrezione definitiva: un Evento che trascende e supera la Storia umana. 

   Ma dobbiamo all’apostolo Paolo una maggiore precisazione in riguardo alla corporeità del Risorto. Proprio scrivendo ai cristiani di Corinto, Paolo si sofferma in modo abbastanza prolungato, sulla corporeità del Risorto e sulla nostra partecipazione alla sua risurrezione, considerando particolarmente le prerogative dei corpi risorti: “Ma qualcuno dirà: «Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?». Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore; e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco, di grano per esempio o di altro genere. E Dio gli dá un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il proprio corpo. Non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne di uomini e altra quella di animali; altra quella di uccelli e altra quella di pesci. Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri. Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle: ogni stella infatti differisce da un'altra nello splendore. Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale. Se c'è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale, poiché sta scritto che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo. Quale è l'uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti. E come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste. Questo vi dico, o fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità. Ecco io vi annunzio un mistero: non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati. E` necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità. Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge. Siano rese grazie a Dio che ci dá la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore”(1Cor 15,35-58). 

   Il problema che ci poniamo ora è quello di sapere che cosa sia un corpo spirituale, o incorruttibile, secondo la terminologia Paolina. Insomma, qual è la natura di questo Corpo Risorto? Ebbene, dobbiamo riconoscere, agli evangelisti, un’estrema discrezione in riguardo alla corporeità del Risorto. A parte quello che è stato detto, è evidente che ad essi, e quindi tanto più a noi, sfugge qualcosa di molto importante in riguardo alla natura di questa corporeità. E questa loro discrezione potrebbe essere anche interpretata come un segno di credibilità delle apparizioni di Gesù dopo la Pasqua. Se essi avessero volutamente creato questi racconti, li avrebbero presentati con maggiori dettagli. Mentre invece noi vediamo che, solo in seguito alla tradizione kerygmatica, e quindi nel pieno di quella narrativa, possiamo attingere a determinate notizie in riguardo a questa corporeità. 

   Certamente, come abbiamo visto a proposito dello spostamento del corpo di Gesù, considerando sia l’analisi di don Persili che le apparizioni a porte vuote, non si può non pensare che quello di Gesù sia un tipo di Corpo che appartiee alle normali categorie umane. Pur riconoscendo che, già nella sua vita terrena Gesù aveva avuto delle prerogative straordinarie – come quella di camminare sull’acqua del lago – egli era, in un certo senso, limitato dalla materia del suo corpo. Per cui come uomo aveva sentito il bisogno di mangiare, di bere, di riposarsi, di pregare. Ora, però, qualcosa di molto importante è avvenuto nel sepolcro, se è vero che Gesù ha attraversato, da Risorto, il lenzuolo, il sudario e le bende che lo avvolgevano, ed è entrato a porte chiuse nel Cenacolo. 

   Non si può più parlare di corpo fisico, ma di un tipo di corpo che trascende e supera ormai la materia e le categorie umane. Lo stesso Paolo, nella lettera ai Corinti, parla di corpo spirituale, ma non va oltre questa definizione, soffermandosi più sulla differenza tra il corpo animale e quello spirituale. 

   È vero che Gesù si è mostrato alla Maddalena ed ai discepoli di Emmaus. È vero che si è fatto toccare da Tommaso. È vero che sul lago di Tiberiade, secondo la tradizione del quarto Vangelo, si è fermato a mangiare con i suoi amici ed a Pietro ha conferito il primato sul nuovo Popolo di Dio. Ma è stato riconosciuto solo quando lui stesso si è personalmente rivelato. Altrimenti, non l’avrebbero riconosciuto: né la Maddalena, né i discepoli di Emmaus, né i discepoli presenti sul lago di Tiberiade. 

   C’è una continuità tra il Gesù del venerdì santo con quello della risurrezione. C’è un’identità tra il Gesù morto e quello risorto. Ma non sembra esserci un’identità fisica. Altrimenti, sarebbe stato riconosciuto. Ed anche questo, del riconoscimento del Risorto, avvenuto solo dietro sua personale rivelazione, può essere un segno underground, cioè un segno in filigrana del fatto che l’evento degli Eventi della risurrezione non sia avvenuto per un’idea che si sarebbero fatti gli apostoli, cosa che pensano alcuni Studiosi. Ma che, invece, tutto è avvenuto per l’iniziativa di Gesù. 

   Forse nelle stesse parole del Maestro, anche se appartengono alla tradizione del Gesù terreno, troveremo un’ulteriore luce sulla corporeità del Risorto. Tre termini interessano la nostra ricerca in riguardo a ciò che Gesù dice della sua risurrezione. Il primo è risorgerà. Il secondo è risurrezione. Il terzo è risorto. Partiamo dal primo in quanto si tratta del termine che dei tre è il meno citato. Il termine risorgerà significa svegliare, far sorgere. È citato due volte nei vangeli, e precisamente nel Testo di Matteo: “e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà»(Mt 17,23), ed in quello di Luca, dove però il termine greco originario significa fare sorgere su, innalzare su, innalzare dall'essere sdraiato, risuscitare dai morti: “e, dopo averlo flagellato, lo uccideranno e il terzo giorno risorgerà”(Lc 18,33). Anche se i verbi sono diversi, sostanzialmente si equivalgono. 

   Nella parola di Gesù tramandataci dai Vangeli, almeno per ora rileviamo solo questa profezia, fatta dal Maestro, in riguardo al suo svegliarsi, al suo risorgere dalla morte. Veniamo al secondo termine italiano: risorto, riscontrato cinque volte nei Vangeli, anche se sulle labbra di Gesù è nominato una sola volta, e cioè nel momento successivo alla scena della trasfigurazione, quando Gesù ordina ai suoi tre discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni di Zebedeo: “Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti”(Mt 17,9). Qui Matteo continua ad usare il verbo ἐγέρθητε. Ma il termine non assume alcun rilievo in riguardo al nostro discorso sulla natura del risorto. 

    Per trovare qualcosa del genere dobbiamo puntare all’altro termine nominato prima: risurrezione. Manco a farlo apposta, la parola è citata ben 15 volte nei Vangeli. E allora, nel testo del Vangelo di Matteo, confermato seppur con qualche piccola discordanza, da Marco e Luca, vediamo che il partito dei Sadducei interpella Gesù sulla risurrezione, con lo scopo di metterlo in difficoltà, perché essi negano la realtà della risurrezione: “In quello stesso giorno vennero a lui dei sadducei, i quali affermano che non c'è risurrezione, e lo interrogarono: «Maestro, Mosè ha detto: Se qualcuno muore senza figli, il fratello ne sposerà la vedova e così susciterà una discendenza al suo fratello. Ora, c'erano tra noi sette fratelli; il primo appena sposato morì e, non avendo discendenza, lasciò la moglie a suo fratello. Così anche il secondo, e il terzo, fino al settimo. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, di quale dei sette essa sarà moglie? Poiché tutti l'hanno avuta». E Gesù rispose loro: «Voi vi ingannate, non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio. Alla risurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo. Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto quello che vi è stato detto da Dio: Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe? Ora, non è Dio dei morti, ma dei vivi»”(Mt 22,23-32 Mc 12,18 ss. Lc 20,27-38). “Alla risurrezione – dice Gesù – non si prende né moglie né marito ma si è come angeli nel cielo. Una risposta che taglia corto circa l’idea di una risurrezione prettamente corporale, ma che apre, invece, alla dimensione dello spirito. E poiché Gesù utilizza, come parametro di riferimento, le figure angeliche, che sfuggono, peraltro, alla nostra percezione sensoriale, risulta evidente che la risurrezione è un evento metastorico, che oltrepassa i confini della materia, che supera le dimensioni della fisicità per configurare, il risorto, in una dimensione simile a quella degli angeli, che, come sappiamo, si possono intendere come Esseri personali e spirituali, oltre ché esseri perfetti(Cfr. Giampiero Bof, Angeli, in Nuovo Dizionario di Teologia, Ed. Paoline, VI Edizione 1991, 8.). 

   Ma ascoltiamo un passo di Marco attestato, peraltro, anche da Matteo: “Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, poiché sta scritto: Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse. Ma, dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea»”(Mc 14,27-28; Mt 26,32). Se Gesù lascia intravedere la realtà della risurrezione come una realtà prettamente spirituale, perché, poi, nello stesso vangelo di Matteo, usa il termine “vi precederò in Galilea”? Precedere significa “andare innanzi”. Fino a che punto, allora, un essere letteralmente spirituale, può precedere, andare innanzi, rispetto agli altri, se la dimensione dello spirito esula dai confini della materia e dello spazio? Gesù avrebbe potuto dire: “Ci incontreremo in Galilea”. Invece dice “Vi precederò in Galilea”. Il termine precederò significa: condurre avanti, qualcuno da un luogo in cui era nascosto, come da una prigione. Ma significa anche andare davanti, precedere, essere anteriore nel tempo, essere precedente, procedere, andare in avanti. 

   Certamente l'espressione di Gesù può dare adito a varie interpretazioni, ma bisognerebbe vedere la terminologia aramaica corrispondente al verbo greco. E qui mi fermo, aspettando qualche contributo. Nel Vangelo di Luca abbiamo un’altra citazione della risurrezione posta sulle labbra di Gesù: “…Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti”(Lc 14,13-14). Ma qui, al di fuori della ricompensa che Gesù promette a chi si mostra misericordioso e fa del bene ai poveri, storpi, zoppi, ciechi, non c’è alcun accenno alla natura del corpo risorto. È evidente che l’unico accenno alla natura del corpo risorto, è quello che Gesù fa replicando ai Sadducei che negano la risurrezione.


L’AUTENTICITA’ DELLA RISURREZIONE

   Al termine di questo lungo capitolo dedicato alla risurrezione, vediamo di trarre delle conclusioni obiettive. A questo punto noi pensiamo che gli elementi a favore dell’autenticità storica del Cristo risorto siano considerati più validi di quelli che negano o tale realtà. E consentitemi di menzionare innanzitutto, a prova di questo Evento, gli apostoli, che hanno mostrato un mutamento straordinario di carattere e, da timorosi che erano, hanno affrontato mille supplizi fino alla morte, pur di restare fedeli all’annuncio del Cristo Risorto. 

  A parte questa realtà inopinabile, ciò che colpisce l’uomo raziocinante che è in me, è che l’annuncio pasquale si è irradiato, nel mondo, partendo del kerygma primitivo: “Gesù è il Signore”(Rm 10,9) e dalle parole di Pietro, registrate negli Atti dagli apostoli e che costituiscono lo schema essenziale del primo annuncio cristiano: “Voi conoscete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, incominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunziare al popolo e di attestare che egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio. Tutti i profeti gli rendono questa testimonianza: chiunque crede in lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome”(At 10,37-43) 

   È partendo da questo messaggio di gioia, ed annunciando la sua morte e risurrezione che i discepoli di Gesù hanno irradiato in tutto il mondo il suo messaggio. La vita, le parole e le opere di Gesù sono venute dopo tale annuncio. Gli stessi vangeli, col dubbio di Marco, la cui datazione tardiva è stata messa in discussione in studi recenti, sono stati scritti dopo le lettere di Paolo. In queste non c’è accenno alla vita di Gesù, ma solo all’evento sfolgorante della sua risurrezione, preceduto dalla passione e morte. È questo, a mio parere, un elemento probante della storicità della Pasqua. E se Paolo, in nome del suo annuncio pasquale, non ha esitato ad affrontare la morte, ciò significa che egli ha fatto un’esperienza visibile, concreta e palpabile del Risorto. E torniamo ai Dodici. Il fatto stesso che anch’essi, timorosi ebrei di Galilea arrivino a propagare il Vangelo di Gesù Cristo, ma in primo luogo l’annuncio della sua morte e risurrezione, testimoniando anche con la morte la fedeltà al Maestro, insegna che qualcosa di sconvolgente è avvenuto nei giorni successivi alla morte di Gesù. Qualcosa che si può spiegare solo con la percezione della sua Divinità che rifulge proprio nei giorni della Pasqua, quando cadranno le squame dai loro occhi e comprenderanno ciò che afferma il più giovane e lucido di loro, Giovanni Evangelista: “Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo”(1 Lettera di Giovanni 1,1-3). 


    Si ringrazia la professoressa Emanuela Marinelli, del Collegamento Pro Sindone per la sua squisita disponibilità nella revisione del materiale sulla Sindone, sopra presentato, e per l'autorizzazione alla relativa pubblicazione