L'elezione degli apostoli
Nella nostra ricerca, stavolta ci poniamo, una domanda che riguarda il tempo dell'elezione degli apostoli da parte di Gesù. Il quesito che tutti si pongono è questo: il gruppo dei Dodici, quello che emerge all'interno della comunità più ampia dei discepoli del Maestro, si è costituito dopo la risurrezione di Gesù o è stato scelto direttamente da Lui?
L'interrogativo può sembrare privo d'importanza, ma non è così. Esso costituisce un tassello rilevante dell'immagine del Gesù storico che gradualmente si sta delineando nella nostra scoperta del Nazareno. Alcuni studiosi come Wellhausen, Schütz, Klein, ritengono che "il collegio dei dodici sarebbe sorto a Gerusalemme, nel periodo tra la morte di Gesù e la conversione di Paolo, come gruppo stabile con funzione e autorità presbiteriali all'interno della più vasta cerchia dei discepoli"(Carlo Ghidelli, Il gruppo dei Dodici: l'attuale dibattito. In Storia di Gesù, vol. 2, pag. 560, Ed. Rizzoli). Altri, invece, sostengono che è stato Gesù stesso a scegliere i Dodici apostoli, mandandoli in missione. I dati dei Vangeli, infatti, sembrano dimostrare una certa somiglianza tra quest'ipotesi e la tradizione rabbinica. Infatti Grundmann rileva che l'invio degli apostoli in missione non è altro che l'attuazione, nella comunità di Gesù, dell'istituzione giudaica dello "shaliah", che significa essere incaricati di una missione da compiere, di cui si dovrà, poi, rendere conto (cfr. Carlo Ghidelli, Il gruppo dei Dodici: l'attuale dibattito. In Storia di Gesù, vol. 2, pag. 560, Ed. Rizzoli).
Analogo alla tradizione dello "shaliah" è l'incarico che Gesù conferisce non solo ai Dodici, ma anche ai 72 discepoli che fanno parte della sua prima comunità: "Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni. Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananèo e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì " (Mc 3,13-18). Ed è proprio questo testo di Marco, unito a quello degli altri Sinottici, a costituire materiale privilegiato dell'attenzione di molti studiosi.
Gli apostoli sono chiamati ad essere il fondamento della Chiesa primitiva per dei motivi molto importanti. Innanzitutto perché vivono un lungo periodo di familiarità con il Maestro, scoprendo gradualmente quel mistero che sarà pienamente svelato dopo l'esperienza della Pasqua e della Pentecoste. Questa vita in comune col Nazareno significa pure acquisizione, da parte dei Dodici, della testimonianza oculare, oltre che affettiva della personalità del Maestro. La stessa testimonianza oculare che costituirà uno degli elementi essenziali della straordinaria incidenza dell'annuncio apostolico. E' lo stesso Gesù a preannunciare ai suoi: "e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio (Gv 15,27). E quando deve essere scelto uno che dovrà prendere il posto di Giuda Iscariota nel collegio apostolico, gli stessi apostoli la loro scelta cade su colui che ha fatto la loro stessa esperienza di Gesù: "Bisogna dunque che tra coloro che ci furono compagni per tutto il tempo in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi, incominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di tra noi assunto in cielo, uno divenga, insieme a noi, testimone della sua risurrezione", così leggiamo negli Atti degli apostoli capitolo 1 versetti 21-22 (Atti 1,21-22). Non solo, ma "i Dodici appaiono già nell'antica professione di fede di 1 Corinti 15,5, che, nella sostanza, si rifà ad un testo semitico"(J. Jeremias citato in: Carlo Ghidelli, Il gruppo dei Dodici: l'attuale dibattito. In Storia di Gesù, vol. 2, pag. 560, Ed. Rizzoli).
Lo stesso termine "Dodici" continua ad essere citato, benché dopo la morte e risurrezione di Gesù gli apostoli siano rimasti in undici. Ed il fatto stesso che il collegio apostolico ha cercato di riempire il posto lasciato libero da Giuda il traditore, dimostra che esso ha voluto essere fedele a quel numero. Una fedeltà che può essere spiegata solo con la fedeltà ad una scelta fatta da Gesù.
Ad ulteriore dimostrazione dell'elezione dei Dodici, da parte di Gesù stesso, è la concordanza, pressoché assoluta, dei nomi degli apostoli inseriti nei quattro vangeli. E, considerato che dopo la Pentecoste, ed in seguito alle persecuzioni, gli apostoli sono andati in tutto il mondo a portare il loro annuncio, se non fosse autentica la loro elezione da parte di Gesù, non avremmo indubbiamente una straordinaria concordanza nei loro nomi in tutti i circa 24000 testi che si rifanno al Nuovo Testamento.
Un ultimo dato, e forse è il più significativo, riguarda Giuda Iscariota, il traditore. Il suo nome è inserito in tutte le liste degli apostoli. E' la prova più palpabile dell'esistenza di questo gruppo prima della morte di Gesù. Un prova evidenziata con particolare attenzione da J. Jeremias: "Dai Vangeli vediamo quali difficoltà questa tradizione [del traditore incluso tra i Dodici] abbia creato alla comunità... Chi potrebbe aver creato ad arte questa difficoltà? A chi dovrebbe essere venuta l'idea di fare al traditore la promessa che si sarebbe assiso su uno dei troni regali a giudicare le dodici tribù di Israele, se Giuda non fosse appartenuto realmente alla cerchia degli invitati? Nessuno è ancora riuscito a rendere tale idea accettabile... Il fatto che i Sinottici portino il nome del traditore in tutti e tre gli elenchi dei Dodici, mostra indubbiamente che la tradizione circa la nascita del gruppo degli apostoli è prepasquale", quindi antecedente alla morte del Signore. (Carlo Ghidelli, Il gruppo dei Dodici: l'attuale dibattito. In Storia di Gesù, vol. 2, pag. 560s, Ed. Rizzoli).
Questi dati dimostrano che prima della sua morte Gesù ha guidato un gruppo ristretto di apostoli inseriti in una comunità più ampia. Si evince, da questo, il suo desiderio di dare un seguito alla sua missione di salvezza. Le tesi enunciate dimostrano che l'elezione degli apostoli nella cerchia della comunità dei discepoli di Gesù dimostra non solo la storicità del Nazareno, cosa ormai che nessuno più pone in dubbio. Ma illumina anche la misteriosa ed esplosiva efficacia missionaria dell'annuncio evangelico negli anni che seguono la Pentecoste e l'apostolato di Paolo.
Il fatto stesso che un nugolo di timorosi ebrei di Galilea arrivi a propagare il Vangelo di Gesù Cristo, testimoniando anche con la morte la fedeltà al Maestro, dimostra che qualcosa di sconvolgente è avvenuto negli anni in cui hanno vissuto con Lui e, soprattutto, dopo la sua cruenta esperienza del Calvario. Qualcosa che si può spiegare solo con la percezione della sua Divinità che rifulge proprio nei giorni della Pasqua, quando cadranno le squame dai loro occhi e comprenderanno ciò che afferma il più giovane e lucido di loro, Giovanni Evangelista: "Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita «poiché la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi», quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo"(1 lettera di Giovanni 1,1-3).