Il primo Annuncio
A circa trent'anni Gesù si distacca dalla propria famiglia e si allontana da quella Nazaret che non rivedrà più, se non per brevi momenti.
Si apre la stagione dell'attività pubblica ed il figlio di Giuseppe il carpentiere comincia a percorrere la sua Galilea. Cafarnao, Corazin e Betsaida divengono le città più visitate. Nel bene e nel male i loro nomi resteranno impressi per sempre nella memoria dei discepoli, fino a passare dalla tradizione orale a quella scritta.
Le strade, le sinagoghe, le case ospitali, come quella di Simon Pietro il pescatore, le piazzette dei piccoli centri abitati, i luoghi appartati sotto gli alberi o sulle rive ombreggiate del lago, le tranquille insenature, gli angoli semplici e silenziosi delle piane ubertose, compongono lo scenario naturale e privilegiato della sua predicazione.
Gesù predica ed opera miracoli straordinari. Queste azioni sono comprovate dalla verità storica. Il parlare, il predicare di Gesù attrae irrimediabilmente le folle alla sua Parola. I pescatori, i contadini, i pastori, gli anawim, gli umili d'Israele, ma anche le persone colte sono affascinate dalla sua parola. Matteo, Marco e Luca fanno risaltare, nei loro vangeli, questo potere di affascinare le folle da parte di Gesù. Matteo scrive: "E grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano" (Mt 4,25). Marco, addirittura, scrive che Gesù insegna con particolare autorità: "Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi"(Mr 1,22). Lo stesso pensiero è ribadito dal terzo evangelista, Luca: "Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità" (Lc 4,22).
Anche lo storico Giuseppe Flavio, nella sua opera delle Antichità giudaiche, emette un giudizio positivo nei confronti di Gesù, sostenendo che: "(Gesù) attirò a sé molti ebrei e molti greci"[1].
La predicazione di Gesù è qualcosa di assolutamente unico, irripetibile, indimenticabile, affascinante, tocca i cuori, ed è seguita, quasi sempre, da miracoli e segni straordinari. In realtà essi formano un tutt’uno con la sua predicazione. Sia nei vangeli sinottici che in quello di Giovanni, i miracoli e la predicazione “costituiscono un tessuto che non ammette lacerazioni, perché manifestano entrambi una sola e medesima realtà, vale a dire la venuta del regno di Dio”[2].
A dimostrazione del ministero taumaturgico di Gesù non c’è solo la tradizione evangelica ed apocrifa, ma anche quella giudaica, proveniente, quindi, da quegli ambienti rabbinici che sin dall’inizio della predicazione hanno avuto un sentimento di avversità verso di lui. Ed è proprio in tale ambito religioso culturale, e cioè nel testo del Talmud Babilonese, che Gesù è tacciato di essere operatore di magia. Un’affermazione, che risente della polemica anticristiana, e che conferisce al Gesù guaritore, un carattere di autenticità storica, proprio perché proveniente da fieri oppositori del Cristianesimo. Non potendo, quindi negare, le grandi cose operate da lui, le stesse vengono spiegate attribuendo a Gesù un potere magico, appreso (sic!) in Egitto. E’ bene chiarire che questa tradizione è abbastanza tardiva, per cui secondo alcuni non avrebbe un particolare significato storico. In realtà essa si poggia su tradizioni più arcaiche, e quindi più vicine all’epoca di Gesù. "Che la Galilea al tempo di Gesù fosse travagliata da profondi fermenti di rivolta, è attestato, anche se indirettamente, dai Vangeli, quando accennano a "quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici" (Luca 13,1).
Giuseppe Flavio ebbe a definire il carattere degli abitanti di Tiberiade, capitale della regione, «sempre bramoso di rivoluzione e compiacente di sedizioni» (Vita 87)… Ma le ragioni profonde di questo temperamento vanno ricercate sia negli squilibri sociali della regione, sia nel forte sentimento nazionalistico degli abitanti che, circondati da territori pagani, provavano un senso d'antagonismo verso i distanti centri del giudaismo, Gerusalemme e la Giudea"[3].
Il contesto storico-sociale della Galilea, nel quale Gesù fa sentire la sua voce, è fortemente animato da profondi fermenti sociali e nel forte sentimento nazionalistico degli abitanti della regione. C’è quanto basta per conferire alla missione un tocco decisamente profetico, e nello stesso tempo, in continuità, ma anche come superamento dello stile degli antichi profeti, a dimostrare, in modo palpabile, che il Regno di Dio è in mezzo al suo popolo, che Egli è venuto per tutti, ma specialmente per gli umili, i poveri. I suoi miracoli privilegiano particolarmente loro: i piccoli, i poveri, i più disagiati, le vedove e finanche i peccatori.
Ciò che Gesù dice non ha eguale. In lui la parola raggiunge il massimo della sua intensità e capacità espressiva. Forse anche per questo egli è salutato come il Lògos, la parola divina diventata carne per comunicarsi agli uomini. E’ così che lo vede il quarto evangelista, colui che più di tutti ha avuto modo di pensare a Gesù ed alla sua missione. Non tutti i suoi detti sono raccolti nei Vangeli, anche perché nelle comunità cristiane primitive la tradizione orale ha molta importanza. Ve ne sono alcuni, chiamati "Agrapha" disseminati negli Atti degli apostoli ed in altri scritti, anche apocrifi, cioè non riconosciuti autentici dalla Chiesa primitiva. Ma si tratta sempre di "Detti" provenienti da tradizioni molto antiche, di stile palestinese, e in consonanza con l'insegnamento di Gesù. Ne ricordiamo alcuni che possono rivestire un carattere di autenticità: "Quelli che stanno con me non mi hanno compreso" (Atti di Pietro, apocrifi cap. X). "E solo allora sarete lieti, quando guarderete vostro fratello con amore" (Vangelo degli Ebrei, citato da S. Girolamo). "Chiedete ciò che è grande e vi sarà dato in aggiunta ciò che è piccolo" (Clemente Alessandrino, forse da una raccolta di logia di Gesù; citato anche da Origene, da Eusebio e da Ambrogio) "Fatevi cambiavalute accorti" (molto citato dagli scrittori cristiani antichi. Origene, Omelie pseudoclementine, Girolamo…). "Alza la pietra e là mi troverai; spacca il legno, ed ivi io sono" (Papiro Ossirinco, I)
[1] Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche XVIII, 63, in Le folle della Galilea di Fabrizio Foresti, in Storia di Gesù Ed. Rizzoli, pag. 367.
[2] R. Latourelle, Miracoli, in Nuovo Dizionario di Teologia, Ed. Paoline, sesta edizione 1991, 918.
[3] Fabrizio Foresti, Le folle della Galilea, in Storia di Gesù, Ed. Rizzoli, pag.371-372.