Cafarnao
La chiesa ottagonale bizantina infatti, costruita sulla Casa di San Pietro, era primariamente un Memoriale e la numerosa comunità cristiana di Cafarnao doveva pur avere un’altra chiesa, come del resto suggeriva già padre G. Orfali.
SCAVI E RESTAURI A CAFARNAO
Relazione della missione archeologica dello Studio Biblico Francescano a Cafarnao. Campagne di scavo 2000-2001
Padre Stanislao Loffreda
Per riprendere la strada di Cafarnao ci è voluta la voce autorevole del Papa (Giovanni Paolo II )che ebbi l’onore di accompagnare alla visita della Casa di San Pietro la sera del 24 marzo del 2000.
Nel lasciare il Santuario, Giovanni Paolo II si voltò verso di me, mi fissò negli occhi e mi rivolse una frase che mai mi sarei aspettato e che mi elettrizzò: “Continuate gli scavi”. E’ così che dopo quattordici anni ho ripreso a scavare: la ventesima campagna ebbe luogo dal 28 agosto al 4 novembre del 2000, e la ventunesima dal 21 agosto al 28 ottobre del 2001: quindi 138 giornate lavorative. Nella campagna del 2000 fui coadiuvato nelle ricerche da P. Stefano De Luca ofm, licenziato allo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme e attualmente studente al Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana a Roma, come pure da Flavia Sepich, studentessa dell’università La Sapienza di Roma. I volontari della ventunesima campagna sono stati, oltre a P. De Luca, P. Giovanni Loche ofm, già laureato a La Sapienza di Roma ed ora studente dello Studium Biblicum, la signorina Luana Spadano, dottoranda in archeologia presso La Sapienza di Roma, e Fra Johannes Sweetser ofm, ex-paracadutista statunitense e attualmente studente dello STJ. Gli operai salariati sono presi fra i cristiani di Rameh.
Lo scavo inizia alle 6 del mattino e si conclude alle 12.30. Noi volontari continuiamo il lavoro (registrazione, restauro, diario, disegni, ecc.) dalle 15.00 alle 17.30 circa.
Le ricerche sono state concentrate nell’area a oriente della antica strada principale (da noi pomposamente chiamato “cardo maximus”) che da nord a sud fiancheggia sia la monumentale sinagoga, sia la chiesa ottagonale bizantina. Un altro obiettivo che ci siamo prefissi in questa ricerca a lungo raggio è di conoscere il limite settentrionale dell’antica Cafarnao. Probabilmente non dovrebbe essere molto distante dall’insula 5 a nord della sinagoga perché poi inizia la zona cimiteriale. Finalmente il nostro compito più delicato sarà di individuare gli strati più antichi, con particolare interesse per la Cafarnao dei tempi di Gesù. Questo significa che anche nelle aree finora scavate a partire dal 1968 c’è da approfondire lo scavo, perché in molti punti siamo finora arrivati soltanto a non prima del quarto secolo dopo Cristo. Quello che non potrò fare io, lo faranno altri: scopo infatti non trascurabile del mio ritorno a Cafarnao è di preparare altri archeologi dello Studium Biblicum che continuino l’esplorazione della “città di Gesù”.
Che cosa abbiamo trovato in queste due ultime campagne del 2000 e del 2001? Anzitutto c’è un sostanziale allargamento dell’area orientale che non avevamo potuto scavare in precedenza proprio perché questa zona era il cantiere del Memoriale riservato alle gru, ai mezzi pesanti e alle strutture prefabbricate da montare.
In questa zona orientale i muri delle case bizantine si incontrano già a pochi centimetri della superficie e affondano spesso per circa due metri. Una volta restaurati e rinforzati, essi faranno una bella comparsa nel quadro urbano dell’antica Cafarnao. Lo scavo stratigrafico di queste abitazioni è abbastanza facile. Per oltre un metro a partire dalla superficie, incontriamo il livello di degrado con molte pietre cadute dai muri e generalmente con assenza di ceramica. Segue uno strato orizzontale di terre chiare pressate con ceramica e poi quasi sempre un bel pavimento in massicciata.
Una novità importante è il ritrovamento di un buon numero di tegole che ovviamente appartenevano al tetto. Siamo in un quartiere di benestanti, a differenza dell’insula che include la tradizionale casa di San Pietro dove mai abbiamo incontrato tegole e dove quindi c’è da supporre un tetto con paglia, argilla e travetti di legno. Inoltre l’allargamento dello scavo ci ha permesso di individuare varie unità che cominciano a dare una lettura meno frammentaria delle singole insulae. A giudicare dalle porte di comunicazione fra i diversi ambienti, cominciano ad emergere abitazioni molto sviluppate. A rendere pittoresche queste abitazioni concorre il rinvenimento di varie rampe di scalini che conducevano al piano superiore, come pure le tipiche finestre in serie nel contesto di ambienti che noi riteniamo cortili e dove quasi sempre compaiono resti di forni in terra refrattaria che gli arabi usano ancora oggi e che chiamano tannur. Si tratta di forni per cuocere il pane e che originariamente potevano raggiungere circa mezzo metro di altezza e terminavano con pareti rientranti e bocca ampia.
Fra gli oggetti trovati abbiamo registrato un buon numero di lucerne intere, e terre sigillate con vari stampi, compreso il simbolo della croce. Di carattere cristiano mi sembra anche un coccio dove è inciso profondamente un pesce che al posto delle squame ha due lettere greche: una iota e una alpha. In base alle lucerne bizantine con iscrizioni in greco, che conosco abbastanza bene, credo probabile vedere in queste due lettere il riferimento al nome sacro di Gesù (iota per Iesous) mentre la lettera alpha, molto frequente nelle lucerne, sta ad indicare l’attributo di Archè-Principio. In un altro vaso sono incisi due pesci e un rudimentale pescatore. Ci sono inoltre anfore tardo bizantine con scritte in inchiostro rosso scialbo, dove come al solito vengono riprodotti i nomi degli arcangeli Gabriele e Michele.
Segnaliamo anche un grazioso cofanetto frammentario in avorio e varie monetine che si incontrano specialmente nelle fessure dei pavimenti in massicciata. Nelle ultime due settimane di lavoro abbiamo iniziato lo scavo di un ambiente (L270) che merita una menzione a parte. Già lo scorso anno, nel tracciare la stradetta L207 che dalla strada principale piega verso oriente, incontrammo un muro ben costruito in calce che sbarrava la strada. L’interruzione della strada verso est ci indispettì, ma subito notammo un dettaglio nuovo. La suddetta strada piegava ad angolo retto verso sud di fronte al muro in calce e per giunta era lastricata, contrariamente a tutte le strade di Cafarnao finora scoperte. Seguimmo il muro per dieci metri da nord a sud e tracciammo anche una porta centrale fiancheggiata da due inizi di muri. La fantasia cominciò ad accendersi: eravamo forse di fronte ad una chiesa bizantina a tre navate? Non era affatto escluso. La chiesa ottagonale bizantina infatti, costruita sulla Casa di San Pietro, era primariamente un Memoriale e la numerosa comunità cristiana di Cafarnao doveva pur avere un’altra chiesa, come del resto suggeriva già padre G. Orfali. Quest’anno abbiamo voluto scavare per un breve tratto l’interno di questo ambiente, fino al limite di un muro medievale che lo attraversa nella parte superiore. E’ in questo breve spazio che abbiamo trovato non una chiesa (e non me ne dispiace affatto) ma una istallazione bizantina per la produzione dell’olio.
Oltrepassata la porta occidentale, scavata lo scorso anno, si scende attraverso due gradini ad un pavimento in massicciata. Proprio di fronte alla porta abbiamo trovato un grosso frantoio in basalto ben preservato che può pesare sulle tre o quattro tonnellate e con sopra una mola ancora in situ, anche se inclinata su un lato. Una seconda mola fu trovata lo scorso anno nella strada a lastroni che fiancheggia la facciata occidentale dell’ambiente e con buona probabilità fa parte del nostro frantoio. La stavano portando via, ma poi la abbandonarono sulla strada. Ai lati del frantoio centrale sono comparsi due presso i, anch’essi in basalto e ben preservati, come pure due vaschette di raccolta per l’olio. Anche le vaschette sono in basalto ma hanno la parte superiore in mattoni. Tutto mi fa pensare che l’istallazione ebbe breve durata. Al di sopra dei muri cimati incontrammo uno spesso strato di ceneri e poi strutture medievali. Già si conoscevano a Cafarnao altri frantoi, come ad esempio quello scoperto da Fra Vendelino agli inizi del secolo ventesimo.
Nel nostro caso abbiamo una datazione ben precisa: siamo nel VI secolo dopo Cristo. Inoltre il frantoio centrale e i pressoi laterali sono all’interno di una abitazione che speriamo di scavare al completo il prossimo anno. Durante e dopo lo scavo, De Luca, responsabile della documentazione grafica, ha speso molti giorni nel redigere un catalogo di tutti i pezzi architettonici della sinagoga, riprendendo in mano un lavoro iniziato vari anni fa da P. Eugenio Alliata. Spera di continuare la ricerca durante le feste natalizie.
Il caldo proverbiale di Cafarnao non ci disturba, anche se quest’anno il termometro è salito fino a 44 gradi all’ombra (noi in compenso lavoriamo al sole). I nostri cari operai cristiani di Rameh hanno lavorato davvero egregiamente. Oltre agli scavi, ho mandato avanti i restauri dal 14 maggio al 17 giugno del 2000 e dal 12 maggio al 30 giugno del 2001: quindi altre 74 giornate lavorative. Il degrado dei muri, costruiti di norma senza calce e con impasti poveri di terra e sassolini, è molto celere a Cafarnao a causa del forte caldo estivo e delle piogge invernali.
Abbiamo rinforzato tutti i muri dell’insula 5 a nord della sinagoga, i muri dell’insula 6 a nord-est della sinagoga e dell’insula 3 sul fianco sud-est della chiesa ottagonale bizantina. Terminato il restauro dei muri sarà necessario ripulire tutti i pavimenti e stendere uno strato di breccia là dove i pavimenti in massicciata sono mancanti. Un grazie sincero vada agli intrepidi volontari e volontarie, alla comunità francescana di Cafarnao che ha coperto le spese dello scavo e dei restauri, nonostante le ristrettezze economiche dovute alla penosa situazione del paese, come pure alle care suore che ci hanno allietato con cucine preparate con amore e gusto.