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Celibato sacerdotale

La straordinaria dimensione umana, spirituale, ministeriale, cristocentrica, ecclesiale, della vita sacerdotale segnata dal celibato. 

 IL CELIBATO SACERDOTALE: PER ESSERE TUTTO DI CRISTO E DELLA CHIESA 

 Quei principi inalienabili scaturiti direttamente dal Cuore di Cristo, sono stati faticosamente e rettamente, oltre che stabilmente difesi, anche con sofferenze senza numero, a causa della fragilità dell’essere umano, dai Pontefici Romani e dallo stesso Magistero della Chiesa. 


 Donato Calabrese 

   La drammatica situazione di decadimento etico e morale nella quale si dibatte l’umanità di oggi, e che si riflette, peraltro, nella stessa Chiesa Cattolica, alle prese con una fase di crisi profonda, soprattutto laddove si richiedono scelte totalizzanti per Cristo e per il Vangelo, fa sì che da più parti si ponga in discussione il cosiddetto celibato sacerdotale, per cui, di tanto in tanto, si riaffaccia l’auspicio di un possibile matrimonio dei preti. Ma questa non è che una delle tante “suggestioni” provenienti da quel mondo che non riesce a cogliere profondamente il senso storico e metastorico di una missione, quella sacerdotale, che, seppur radicato nell’esistenza umana, esula e sconfina in quella spirituale e soprannaturale, come dimostra la celebrazione della Santa Messa, vertice della missione sacerdotale. Ed è proprio la missione del prete a non essere pienamente compresa, secondo i parametri della normale sapienza umana, perché questa esclude, sic et simpliciter, il soprannaturale, dall’azione sacerdotale, anche perché tale logica di pensiero non supera i confini della ragione, e quindi non riesce a cogliere tutta la dimensione della fede: condizione essenziale per cogliere la grandezza e misteriosa e divina importanza del sacerdozio. 

   Ma noi, come cristiani, e quindi uomini di fede, siamo chiamati a guardare il sacerdozio da una duplice prospettiva, se vogliamo veramente dare al mondo un messaggio sul valore incalcolabile della dignità sacerdotale. Dobbiamo guardare il sacerdote sia dalla nostra prospettiva di uomini di fede, sia, soprattutto, dalla visione Divina di chi ha chiamato degli uomini ad essere sacerdoti: Cristo. Una volta considerate le due visioni complementari, ma non diverse, ci rendiamo conto della straordinaria dimensione umana, spirituale, ministeriale, cristocentrica, ecclesiale, della vita sacerdotale segnata dal celibato. 

   Partiamo dalla prima prospettiva: chi è il sacerdote per il battezzato, e quindi per l’uomo di fede? Lascio la parola a uno scienziato, geofisico di fama mondiale, molto vicino a Padre Pio da Pietrelcina. È colui che ha commentato per la RAI lo sbarco dell’uomo sulla luna. Quindi, non un uomo avulso dalla realtà, ma uno che parte dalla visione piena della realtà per andare oltre di essa: Enrico Medi. A lui lascio queste toccanti parole sulla figura del sacerdote: “Sacerdoti, io non sono prete e non sono stato mai degno di poterlo diventare. Come fate a vivere dopo aver celebrato la Messa? Ogni giorno avete il Figlio di Dio nelle vostre mani! Ogni giorno avete una potenza che Michele Arcangelo non ha. Con la vostra bocca voi trasformate la sostanza del pane in quella del Corpo di Cristo; voi obbligate il Figlio di Dio a scendere sull’altare. Siete grandi, siete creature immense, le più potenti che possano esistere!!! 

   Sacerdoti, ve ne scongiuriamo, siate santi. Se siete santi voi, noi saremo salvi, se non siete santi voi, noi saremo perduti. Sì, noi vogliamo il sacerdote santo, il sacerdote saggio, il sacerdote semplice, il sacerdote crocifisso ogni giorno per amore delle anime e per l’ardore dei cuori. Tu sei la nostra fede, tu sei la nostra luce e guai se la fiaccola si spegne o se il sale della terra perde il suo sapore. Perché il sacerdote è il giovane di Dio, è l’astronauta di Dio. 

   Ricordati, o servo del Signore, che tu non sei un uomo come gli altri. Il giorno in cui lo Spirito Santo ha inciso sopra di te un carattere eterno, hai cessato di essere un uomo comune! Come quando Amstrong o Collins o White entrano nella capsula e il Saturno 5 li lancia verso la luna, non sono più uomini come gli altri, a loro non è lecito perdere un milionesimo di secondo, sbagliare una manovra, tornare indietro, stancarsi o arrabbiarsi: sono uomini del Cielo. E tu, o sacerdote di Dio che devi portare il satellite della salvezza, non sulla luna, ma travalicando gli infiniti spazi fin nel cuore del Creatore, pensa alle tue immense e infinite responsabilità. Se tu, o sacerdote, sei santo, sei grande, sei umile, sacrificato, moribondo di giorno in giorno, consumato dall’amore del Divino Spirito e dall’incanto di Maria, la giovinezza sarà salva, avremo vocazioni, avremo amore di sacrificio e il mondo troverà la strada della luce. A voi che siete gli atleti di Dio, i difensori di Dio, gli appassionati di Dio, di Colui che è il dolce Padrone dell’essere e il Fremito di tutte le cose, di Colui che non dimentica il volo di una rondine, la lacrima di un uomo, il sorriso di un bimbo, il palpito d’amore di un cuore, a voi è riservato il compito sublime e stupendo di annunciarlo con forza e coraggio perché lui, che è tutto e solo Amore, ha bisogno di voi, ministri prediletti, per donare la sua infinita gioia a tutti e in tutti rinascere ogni giorno, grazie al vostro sì”. 

   E allora, credete veramente che un uomo che abbraccia il sacerdozio debba vivere una vita simile a quella di ogni uomo che ha una donna, si sposa, crea una famiglia, e si circonda di figli e di nipoti? 

   Passiamo, ora, alla seconda prospettiva: come vede, Dio stesso, il sacerdote? Come lo vuole? Cosa gli chiede? 

   Per rispondere dobbiamo pensare a colui che è Sacerdote per sempre: Cristo Gesù, il Figlio di Dio Benedetto. Il mio professore di Teologia morale, il gesuita padre Antonio Di Marino ci diceva che Gesù, che è il più perfetto degli uomini ed era integralmente uomo, ha vissuto tutta la vita senza vivere il sesso nella sua completezza genitale. Pur vivendo a contatto con molte donne (i vangeli parlano di Maria e Marta di Betania, di Maddalena, di Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode; di Susanna, e tante altre) Gesù ha vissuto in pienezza la castità, e, contrariamente alla mentalità del tempo, ha annunciato e vissuto in prima persona il celibato per il regno dei cieli, affermandone la superiorità rispetto alla condizione matrimoniale. 

   Un giorno Gesù disse ai dodici: “Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca”(Mt 19,12). 

   Farsi eunuchi per il regno dei cieli non vuol dire rinnegare la propria sessualità, ma vivere un amore ancora più grande, cioè un AMARE DI PIÙ, e quindi, consacrare tutta la propria vita a Dio, per una Missione sublime, e per essere un ALTER CHRISTUS. 

   Gesù ha detto: “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me”(Mt 10,37). Lo stesso apostolo Pietro, pur essendo sposato, ha detto un giorno al Signore: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito...”(Matteo 19,27; Marco 10,28; Luca 18,28). 

   Inoltre, sull’esempio mirabile di Gesù, alcuni discepoli, come Giovanni evangelista per esempio, sono rimasti vergini, consacrando tutta la loro vita all’annuncio del Regno di Dio, e quindi, alla proclamazione della Buona Novella, così come fatto i discepoli sposati, come Pietro, per esempio: dopo aver incontrato Cristo, abbandonato hanno quasi del tutto le loro famiglie, per seguire Lui, come lo stesso Pietro ha proclamato nei pressi di Cesarea di Filippo. 

   Pur avendo amicizie con molte donne, San Paolo ha vissuto una vita di castità e, dalla conversione a Cristo, ha percorso il mondo allora conosciuto, predicando Cristo e il suo Vangelo. Insomma, non solo con le sue parole, ma con la sua stessa vita, interamente vissuta per la Missione: rendere presente il Regno di Dio, cioè la Presenza di Dio nel mondo, Gesù ha lasciato intendere la via quasi nascosta, ma sublime, divina, celestiale, che esige da ogni suo discepolo: l’angelica virtù, sì, la castità sacerdotale. 

   L’obbligo del celibato “è diventato legge canonica soltanto nel IV secolo, ma… anteriormente, fin dal tempo apostolico, veniva già proposto ai ministri della Chiesa l’ideale di vivere nella continenza (o nel celibato); e quell’ideale era già profondamente sentito e vissuto come una esigenza da parecchi (per esempio Tertulliano e Origene), ma che non era ancora imposto a tutti i chierici degli Ordini maggiori: era un principio vitale, una semente, chiaramente presente fin dal tempo degli apostoli, ma che doveva poi progressivamente svilupparsi fino alla legislazione ecclesiastica del IV secolo. 

   Quei principi inalienabili scaturiti direttamente dal Cuore di Cristo, sono stati faticosamente e rettamente, oltre che stabilmente difesi, anche con sofferenze senza numero, a causa della fragilità dell’essere umano, dai Pontefici Romani e dal Magistero della Chiesa. 

   Moltissimi santi dei due sessi hanno intrattenuto, anche per tutta la vita, vicendevoli e fruttuosi rapporti d’amicizia, d’affetto reciproco e collaborazione, elevando la sessualità al livello più alto e sublime della creazione. Basti ricordare figure come Rufino d’Aquileia e Melania l’anziana, San Girolamo e Paola di Roma. San Giovanni Crisostomo e Sant’Olimpia, Santa Radegonda, regina di Francia, e San Venanzio Fortunato vescovo di Poitiers, San Francesco d’Assisi e Santa Chiara, Santa Caterina da Siena ed il beato Raimondo da Capua. E poi Santa Teresa d’Avila e San Giovanni della Croce, San Francesco di Sales e Santa Giovanna Francesca Frémiot de Chantal, fondatrice delle monache Visitandine. Infine, Padre Pio da Pietrelcina e le sue più fedeli figlie spirituali: Mary Pyle e Cleonice Morcaldi. 

   Il grande e mistico Papa San Giovanni Paolo II ha trattato il tema con la Lettera ai sacerdoti per il giovedì Santo 1995. Prendendo a spunto le parole che l’apostolo Paolo indirizzò al discepolo Timoteo, disse: “Tratta le donne anziane come madri, le giovani come sorelle” . Questo grande Papa così caro a tutti noi che lo abbiamo conosciuto, ha affrontato il tema del sacerdote e della donna, portando direttive rivoluzionarie rispetto alla mentalità corrente, idee che si riallacciano alla tradizione dei santi e dei mistici. Per vivere nel celibato in modo maturo e sereno, sembra essere particolarmente importante che il sacerdote sviluppi profondamente in sé l’immagine della donna come sorella. In Cristo, uomini e donne sono fratelli e sorelle indipendentemente dai legami di parentela. Si tratta di un legame universale, grazie al quale il sacerdote può aprirsi ad ogni ambiente nuovo, perfino il più distante sotto l’aspetto etnico o culturale, con la consapevolezza di dover esercitare verso gli uomini e le donne a cui è inviato un ministero di autentica paternità spirituale, che gli procura «figli» e «figlie» nel Signore (cfr. 1 Ts 2, 11; Gal 4, 19). 

   Quei principi che risalgono direttamente al Cuore del Redentore e sono stati difesi in migliaia di anni, non possono e non devono essere cancellati con un colpo di spugna, perché appartengono alla parte migliore della Chiesa Cattolica, nostra Madre: quella parte che ha divinamente mosso miriadi di sacerdoti e religiosi, fino a fare di essi pietre vive del Celeste edificio fondato sulla Pietra angolare: Cristo. 

   D’altra parte, non si può favorire il sacerdozio estendendo la celebrazione eucaristica ai viri probati. Sarebbe pericolosissimo e dannoso, perché aprirebbe una grossa falla in quella grande, sublime, e santa Diga contro il male e il peccato, che la Chiesa ha sempre opposto, con tutte le sue forze, contro il male, protetta santamente dalla più Immacolata delle donne: Maria Santissima. 

   La Chiesa è malata: profondamente malata. Ma Cristo è e rimane il suo Nocchiero. E con Lui non c’è alcun bisogno di toppe striminzite per coprire le falle di questa Nave che naviga lungo la Storia del mondo. Proprio in questi giorni ho ascoltato queste parole di Gesù, presenti nel Vangelo di Matteo: “Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi”(Matteo 7,6).