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I miracoli

   Nel mondo pagano si parla spesso dei miracoli, o segni, o prodigi, compiuti da uomini e taumaturghi tra cui si ricordano: Apollonio di Tiana e Vespasiano 

   Ma è nel popolo di Israele che il miracolo assume il Segno tangibile della Presenza e della Potenza di un Dio vicino all'uomo fino ad amarlo di quell'amore infinito che sarà poi rivelato nelle Parole di Gesù. Il Nuovo Testamento designa le azioni miracolose di Gesù con tre termini diversi: potenze, prodigi e segni (tradotti per lo più in latino con miraculum/miracula)[1]: 

   Negli Atti degli Apostoli troviamo i tre termini: “Gesù di Nazaret - uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete”[2]. 

    Ci domandiamo, ora, se sono attendibili i miracoli, i prodigi, i Segni compiuti da Gesù, e riportati dai Vangeli? 

   Per rispondere in modo assoluto alla domanda, dovremmo essere testimoni oculari dei miracoli. Ma poiché tra noi ed il Gesù storico c’è uno spazio temporale molto grande, dobbiamo ricorrere a degli indizi per rispondere con una certa obiettività storica a questa domanda. 

 Gesù e Bartimeo  Innanzitutto, non si può non considerare un elemento molto importante: i racconti miracolosi occupano uno spazio molto rilevante nei testi evangelici. Tanto nei vangeli sinottici[3], quanto in quello di Giovanni, essi formano un corpo compatto insieme con la predicazione di Gesù, e manifestano l’irruzione del Regno di Dio. “Un buon numeroo di racconti sottolineano il carattere pubblico dei miracoli e, di conseguenza, la possibilità di contestarne la realtà allorché si andò formando la tradizione evangelica. I nemici di Gesù non contestano la sua attività taumaturgica (è illuminante a questo riguardo la pericope molto antica su Beelzebul: Mc 12,26-27), ma piuttosto la scaturigine di questa attività, come pure l’autorità che Egli ne deriva. Infine, un testo del Talmud babilonese afferma che Gesù fu messo a morte per aver praticato la magia e condotto Israele all’apostasia(Sanhedrin 43a)[4]. Ci sono, poi, i criteri interni che hanno il loro valore, dal punto di vista esegetico. Se si vuole considerare la diversa e molteplice attestazione non si può non notare che nella quasi totalità delle fonti, sono presenti i racconti di miracoli operati da Gesù. Sia Marco che Matteo, Luca, la fonte Q[5], Giovanni, gli Atti degli apostoli, l’epistola agli Ebrei, la tradizione talmudica e gli apocrifi, concordano, pur nella diversità dei testi, su questo fondamento storico: Gesù è un taumaturgo, e cioè un'operatore di miracoli. Il criterio di discontinuità può servire a stabilire come autentico un dato evangelico irriducibile tanto alle concezione del giudaismo quanto a quelle della chiesa primitiva[6]. Ora, il fatto che Gesù operi dei miracoli nel suo proprio nome, contrasta con la condotta dei profeti che operano miracoli nel nome di Dio, e con quella degli apostoli che agiscono nel nome di Gesù. Inoltre, in certi casi[7], Gesù dà ai suoi miracoli un senso che è in contrasto con la mentalità giudaica dell’epoca[8]. Il criterio di conformità stabilisce come autentico un detto e un fatto di Gesù che sia in stretta conformità non solamente con l’ambiente e l’epoca di Gesù, ma soprattutto che sia intimamente coerente con il cuore del suo messaggio, la venuta e l’instaurazione del regno messianico. Ora i miracoli sono inseparabili dal tema dei regno, per il fatto che ne manifestano la venuta e la realtà. Essi sono un segno e un elemento del regno. 

   Nei rimproveri che Gesù rivolge alle città impenitenti di Corazin, Cafarnao e Betsaida, i miracoli di lui sono presentati come segni e richiami di Dio alla penitenza e alla conversione di fronte all'imminente venuta del regno di Dio (Mt 11,20-24; Lc 10,12-15). Gli abitanti di queste città, disgraziatamente, sono rimasti insensibili alla predicazione di Gesù e ai segni del regno nella sua visibilità. Il criterio di spiegazione necessaria è un'applicazione del principio di ragione sufficiente al caso dei vangeli. Di fronte a un insieme considerevole di fatti, che postulano una spiegazione coerente e sufficiente, se si offre una spiegazione che illumina e raccoglie armonicamente tutti questi elementi che altrimenti rimarrebbero un enigma, possiamo concludere che siamo in presenza di un dato autentico. Nel caso dei miracoli, ci troviamo di fronte a una decina di fatti irrefutabili, che richiedono una spiegazione: l'esaltazione popolare davanti all'apparizione di Gesù, la fede de­gli apostoli nella sua messianità, il posto dei miracoli nella tradizione sinottica e giovannea, l'odio dei sommi sacerdoti e dei farisei a causa dei prodigi operati da Gesù, il legame costante tra i mi­racoli e il messaggio di Gesù sulla venuta decisiva del regno, il posto dei miracoli nel kerigma pri­mitivo, il rapporto intimo tra la pretesa di Gesù come Figlio del Padre e i miracoli come segni della sua missione. Tutti questi fatti esigono una ragione sufficiente, vale a dire la realtà stessa dei miracoli[9]. 

   A questi criteri fondamentali possiamo aggiungere un criterio derivato (così designato perché stabilito partendo dai criteri fondamentali), cioè lo stile dei miracoli di Gesù. In essi, come nel Suo insegnamento, è presente un identico stile, fatto di semplicità, di sobrietà e di autorità, in un contesto religioso di una purezza e di un’elevatezza singolari[10]. 

    Infine, in alcuni casi un indizio letterario importante entra in composizione con uno o più cri­teri storici, ed allora parliamo di criterio misto. Così il fatto della risurrezione di Lazzaro, coerente con altri racconti di risurrezioni (in Marco e in Luca) e con il fatto più grande della risurrezione propria di Gesù, è pure perfettamente coerente con il contesto generale del quarto vangelo, soprattutto con i cc 4, 11 e 12. Inoltre, questo miracolo illumina tre fatti importanti della vita di Gesù, cioè la decisione delle autorità giudaiche di farla finita con Gesù, l'unzione di Betania, l'ingresso solenne in Gerusalemme. Questa intelligibilità interna, avvalorata dal criterio di attestazione multipla, costituisce una solida garanzia di autenticità. Similmente, l'interpretazione diversa di un medesimo avvenimento, attestato da molte fonti, costituisce un caso di criterio misto. Nella guarigione del giovane epilettico, ad esempio, Luca vede un gesto di bontà di Gesù in favore di un povero padre; Marco vede soprattutto una splendida vittoria di Gesù su Satana; Matteo infine sottolinea la necessità della fede nella missione di Gesù. Che ciascuno dei criteri di autenticità riconosciuti dall'esegesi contemporanea trovi così, nei rac­conti miracolosi dei vangeli, un esempio di applicazione talmente rilevante, costituisce una prova di solidità storica difficilmente ricusabile, e tanto meno ricusabile in quanto c'è convergenza di criteri[11]. In chiusura, non si può non ribadire quanto già affermato altrove, e cioè che “La grande popolarità che deriva a Gesù dai miracoli, la loro specificità di segni e primizie del regno di Dio, sono elementi propri che oltre ad evidenziare l'originalità dei miracoli evangelici, costituiscono una seria e salda base per affermarne l'oggettività storica”[12]. 

   La Risurrezione di Cristo è il miracolo dei miracoli: il fatto centrale del messaggio salvifico cristiano, testimoniato nei Vangeli, negli Atti degli Apostoli e negli altri scritti del Nuovo Testamento. Tutte le testimonianze convergono sul fatto che Gesù è apparso vivo, sottratto definitivamente alla morte e glorioso dopo la sua morte. 

   Crocifisso il giorno precedente il sabato e morto sulla croce, Gesù la stessa sera è sepolto. Per impedire che il suo cadavere venga sottratto, i capi del popolo mettono delle guardie all'ingresso della tomba. Ma quando la mattina del giorno seguente il sabato, Maria Maddalena e altre donne si recano al sepolcro con gli aromi per ungere il cadavere secondo le consuetudini, trovano la grossa pietra, che chiude l'entrata del sepolcro, rotolata via e vedono un angelo che annuncia loro la Risurrezione di Gesù e le invita a farne partecipi tutti i discepoli. 

   I Vangeli ricordano le apparizioni di Gesù risorto a Maria Maddalena trattenuta presso il sepolcro; ai due discepoli di Emmaus e quindi agli apostoli. San Paolo, oltre a quella che lui stesso avrà, e a quelle dei Vangeli, ricorda particolarmente le apparizioni a Pietro, a Giacomo e a più di cinquecento persone, delle quali la maggior parte ancora viva nel 57, quando egli scrive la Prima lettera ai Corinzi. Dopo la Pentecoste, gli apostoli annunciano, più di tutti gli altri fatti e miracoli della vita di Gesù, la sua Risurrezione; essi diventano i testimoni di questo avvenimento, e san Paolo non esiterà a scrivere: «Se Cristo non è risorto, la nostra predicazione è vana, e vana è la vostra fede» (1 Cor., 15, 14)[13]. 



 [1] Cfr. Olegario Gonzales de Cardedal, Cristologia, Ed. San Paolo, 2004, 72. 

 [2] At 2,22. 

 [3] Marco, Matteo e Luca, n.d.a.. 

 [4] R. Latourelle, Miracoli, in Nuovo Dizionario di Teologia, Ed. Paoline, sesta edizione 1991, 918. 

 [5] Q è l’abbreviazione di Quelle, che significa Detti, ed indica la tradizione dei Detti del Signore, n.d.a.. 

 [6] R. Latourelle, Miracoli, in Nuovo Dizionario di Teologia, Ed. Paoline, sesta edizione 1991, 918. 

 [7] Per esempio: Mc 1,40-45. 

 [8] R. Latourelle, Miracoli, in Nuovo Dizionario di Teologia, Ed. Paoline, sesta edizione 1991, 918. 

 [9] R. Latourelle, Miracoli, in Nuovo Dizionario di Teologia, Ed. Paoline, sesta edizione 1991, 919. 

 [10] R. Latourelle, Miracoli, in Nuovo Dizionario di Teologia, Ed. Paoline, sesta edizione 1991, 918. 

 [11] Per tutto questo: R. Latourelle, Miracoli, in Nuovo Dizionario di Teologia, Ed. Paoline, sesta edizione 1991, 919. 

 [12] F. Uricchio, Miracolo, in Nuovo Dizionario di Teologia biblica, Ed. Paoline, p. 973-974. 

 [13] Risurrezione di Cristo in Religione, Enciclopedia Rizzoli Larousse,CD.