La Missione tra i pagani
La parola "gentili" è utilizzata in alcune versioni dell'A.T., per indicare i goîm, i popoli che non fanno parte del popolo di Israele, chiamato lo ‘am di Iahvé. I concetti di goîm e di ‘am, nella versione greca della Bibbia, quella chiamata dei Settanta, sono stati tradotti con éthne e laós (Cfr. Gentili, in Dizionario enciclopedico della Bibbia e del mondo biblico, ed. Massimo, p.336).
Questa distinzione tra Israele da una parte e le nazioni pagane dall'altra è andata sempre più maturandosi nel corso della Storia Biblica accentuata anche dal fatto che "Sebbene Dio si sia manifestato anche ai Gentili (Rm 1,19; Atti 17,26s), essi non lo hanno riconosciuto e si sono perduti nei loro peccati.
Volendo, Dio, attuare il suo piano di salvezza universale ha momentaneamente tollerato il dilagare della corruzione, in cui appariva lo stato di peccato dell'umanità, mentre eleggeva Israele, perché nella discendenza di Abramo tutte le genti fossero benedette" (Gentili, in Dizionario enciclopedico della Bibbia e del mondo biblico, ed. Massimo, p.336).
La vita di Gesù si sviluppa quasi totalmente in quella parte della Palestina abitata in prevalenza dai discendenti di Abramo. Poche volte, nella prima parte della sua vita pubblica, il Nazareno esce fuori dei confini di Israele e ciò avviene per cause contingenti, come quando da bambino viene portato in Egitto per sottrarlo alla furia di Erode (Mt 2,14), oppure per escursioni episodiche come quella a Gerasa, nel territorio della Decapoli, che si trova ad oriente del lago di Tiberiade. Poi, verso la fine della predicazione in Galilea, Gesù comincia a soggiornare di più nelle terre dei gentili, cioè dei pagani. Infastidito dalle polemiche coi farisei si reca dapprima nel territorio di Tiro e Sidone, l'odierno Libano, dove non si manifesta pubblicamente, ma la sua fama lo precede, e si trova così, di fronte, una donna Siro fenicia, alla quale guarisce la figlia. Eppure prima di guarirla Gesù dichiara di avere un rapporto preferenziale per la casa di Israele: " "Lascia prima che si sfamino i figli; non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini"(Mc 7,27).
In un altro territorio fuori dal recinto sacro di Israele, la Decapoli, Gesù guarisce un sordomuto e compie un altro miracolo di moltiplicazione dei pani e dei pesci. Quindi è davvero irrilevante il tempo che dedica alle nazioni pagane rispetto a quello riservato alla Terra d'Israele, dove esercita quasi tutta la sua missione.
Questo dato induce ad una riflessione: che interesse ha Gesù per i popoli extra biblici, quelli che non appartengono alla discendenza di Abramo?
Ad un primo esame la risposta può sembrare ovvia: Egli si mostra molto più interessato alle "pecore perdute della casa di Israele"(Mt 15,24). Ed il suo universale mandato missionario? Quello scaturito dalla sua Pasqua? Ebbene nel cuore di Gesù siamo presenti anche noi; ma tutto deve cominciare dal popolo dell'alleanza. L'evangelista Luca attesta, lui solo, che Gesù invia in missione 72 discepoli. Il numero 72, oltre ad essere un multiplo di 12, che indica le tribù di Israele e gli apostoli di Gesù, indica anche il numero delle nazioni pagane che la tradizione giudaica riconosce nel libro della Genesi, capitolo 10.
Il racconto dell'invio dei 72 discepoli è solo di Luca e questo può gettare qualche ombra sull'autenticità. Secondo alcuni studiosi si tratterebbe di un'invenzione dell'evangelista. "Gesù non avrebbe inviato i 72 discepoli prima di Pasqua. Solo in pieno clima pasquale si è verificata una missione di queste proporzioni, vale a dire aperta all'universalismo. Luca avrebbe forzato gli eventi, anticipando i tempi: così vorrebbe, per esempio, L. Wellhausen" (Carlo Ghidelli, Uno o due invii? In Storia di Gesù, ed. Rizzoli, vol 2, p. 594). Carlo Ghidelli riconosce, invece, la storicità del mandato missionario dei 72 discepoli. E questo lo fa partendo da alcuni punti importanti: A suo parere l'evangelista Luca riferisce una notizia che desume da una buona tradizione; inoltre annette molta importanza a questa seconda missione. E poi, il fatto che la predicazione del Regno debba essere assicurata anche ai pagani, pur non essendo detto esplicitamente nel testo, è simboleggiato dal numero degli inviati, che è appunto 72 (Carlo Ghidelli, Uno o due invii? In Storia di Gesù, ed. Rizzoli, vol 2, p. 594).
A questo noi aggiungiamo un'altra deduzione. Nella comunità che ha seguito Gesù, dal Battesimo di Giovanni fino alla sua resurrezione, non c'erano solo gli apostoli, e questo ormai è risaputo; ma anche delle donne e degli uomini che hanno fatto la stessa loro esperienza. Tanto è vero che due di loro: Giuseppe, detto Barsabba e Mattia, proprio per essere stati con il Maestro per tutto il tempo della vita pubblica, saranno candidati a sostituire Giuda Iscariota nel collegio apostolico. Questo perché si ricomponga il numero dei "dodici". E' più che probabile, quindi, che entrambi, Barsabba e Mattia, abbiano avuto da Gesù l'incarico, da Gesù, di predicare il suo Vangelo (Atti 1,23). E questo potrebbe costituire un altro tassello per la composizione del mosaico che autentica il racconto di Luca. Insomma, come per l'elezione dei Dodici, dal cui numero si rileva l'orientamento missionario di Gesù verso le dodici tribù d'Israele, quella dei 72 potrebbe indicare l'indirizzo missionario universale, aperto a tutta l'umanità, rappresentata dalle 72 nazioni del testo greco della Genesi, quello conosciuto dai redattori dei Vangeli.
In quest'invito di Gesù, dopo quello rivolto ai 12 apostoli, è racchiuso il suo anelito perché tutto il mondo sia evangelizzato e tutti giungano a conoscenza di Lui. Troviamo, quindi, presente in Gesù, già nel periodo prepasquale, l'istanza universale di salvezza rivolta a tutti gli uomini. Quell'invio missionario che preclude al solenne annuncio della sera di Pasqua: "Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva cacciato sette demòni. Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere. Dopo ciò, apparve a due di loro sotto altro aspetto, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch'essi ritornarono ad annunziarlo agli altri; ma neanche a loro vollero credere. Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato. Gesù disse loro: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno". Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano" (Mc 16,9-20).