Il Vangelo della Domenica
VANGELO DI DOMENICA 21 DICEMBRE 2025
IV DOMENICA DI AVVENTO
(Vangelo di Matteo 1,18-24)
“Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo
promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò
incinta per opera dello Spirito Santo.
Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi.
Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa”[1].
Il vangelo di Matteo inizia con la genealogia di Gesù, che non è presente nel vangelo di questa domenica, ma è estremamente interessante nei suoi contenuti, specialmente perché l’intera ascendenza di Gesù, da Abramo a Giuseppe, è presentata con una formula che si ripete meccanicamente: “Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli”[2], etc… Però la formula si interrompe bruscamente quando fa riferimento a Gesù: “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo”[3].
Sembra, perciò, di poter cogliere l’intenzione dell’evangelista: affermare che il concepimento di Gesù non avviene secondo i normali criteri della generazione umana, come possiamo percepire dall’assenza del verbo generare nel versetto che fa riferimento al concepimento di Gesù. È chiara l’intenzione dello scrittore sacro, in tal caso l’evangelista Matteo, affermare che tale concepimento non è avvenuto per opera di essere umano.
Ma prima di prendere in considerazione il testo evangelico di questa IV Domenica di Avvento, dobbiamo ricordare che la procedura matrimoniale ebraica del tempo di Gesù si svolgeva in due fasi: lo scambio del consenso degli sposi davanti ai testimoni, e poi, in un secondo momento, il trasferimento della sposa nella casa del marito. Dal punto di vista giuridico lo scambio del consenso era già un matrimonio a tutti gli effetti: L’uomo aveva sulla donna[4] tutti i poteri maritali, ed un’eventuale infedeltà di questa assumeva effettivamente la gravità dell'adulterio.
In attesa di trasferirsi nella famiglia dello sposo, però, la sposa continuava a vivere, - generalmente per un anno, nella casa dei genitori[5].
È incomprensibile, per un uomo, seppure un pio ebreo come Giuseppe, rendersi pienamente conto di ciò che è avvenuto nella sua sposa.
Ecco perché mentre lui sta pensando di “licenziarla in segreto”[6], Iddio gli viene in soccorso per mezzo di un angelo che gli appare in sogno, dicendogli: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”[7].
“Nella Bibbia, l’angelo è per eccellenza il segno di una rivelazione divina come il sogno[8] è il simbolo della comunicazione di un mistero”[9]. Ed è appunto un mistero quello che avvolge Maria.
Questa donna unica, umile e alta “più che creatura”, si apre all’azione dello Spirito di Dio. E come nella scena primordiale della creazione lo Spirito di Dio “aleggiava sulle acque”[10] che possono ben esprimere la verginità del creato fecondato dalla Parola di Dio, così ora lo Spirito di Dio aleggia su Maria Immacolata, fecondandola nella sua verginità.
Un mistero divino già preannunciato dalle Antiche Scritture, come precisa l’evangelista Matteo, quando scrive: “Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi”[11].
Tali parole indicano limpidamente che in questa umile, semplice, donna di Galilea si sta realizzando un evento misterioso, umanamente incomprensibile, ma meravigliosamente sublime, operato dallo Spirito Santo. Il Figlio di Maria di Nazareth è concepito “proveniente dallo Spirito”, e non per mezzo di un uomo. Ecco perché Colui che sarà generato si chiamerà “Emmanuele, che significa Dio con noi”[12]. Il nome è un chiaro riferimento ad un oracolo del profeta Isaia: “Il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”[13].
La frase di Matteo, “tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”[14], va interpretata alla luce degli insegnamenti contenuti nei Testi sacri dell’Antico Testamento, nei quali troviamo l’espressione “salverà il suo popolo” con riferimento a Dio stesso. Infatti, nel libro del profeta Zaccaria leggiamo: “Il Signore loro Dio in quel giorno salverà come un gregge il suo popolo, come gemme di un diadema brilleranno sulla sua terra”[15].
Quando l’evangelista Matteo scrive che Colui che deve nascere “salverà il suo popolo dai suoi peccati”, intende affermare che nel figlio di Maria, che sta per nascere, sarà presente Dio stesso, perché Dio solo può cancellare i peccati. E vedremo spesso Gesù dire durante
la Sua
Missione pubblica: “Ti sono rimessi i peccati”, scatenando, in tal modo, lo scandalo degli scribi e dei farisei[16], consapevoli che solo Dio può cancellare i peccati.
Noi che siamo fuori dalla mentalità e dalla cultura Palestinese non possiamo certamente afferrare il senso di certe espressioni contenute nei Vangeli, ma quando queste frasi le interpretiamo nel contesto della cultura e della rivelazione Biblica, allora esse acquistano nuova luce, facendoci cogliere appieno ciò che scrivono gli scrittori sacri, permettendoci di contemplare il mistero d’amore “nascosto da secoli nella mente di Dio, creatore dell'universo”[17].
A noi, che siamo il popoli dei credenti, Dio ha voluto far conoscere questo mistero d’amore, cioè Cristo Gesù[18].
Quello che noi abbiamo conosciuto e che la Chiesa non ha mai cessato di annunciare nel corso di duemila anni di storia, è un Dio che viene in mezzo a noi, nella nostra stessa Storia, e vive la debolezza e la fragilità della condizione umana, condividendo fino in fondo il nostro stesso destino di dolore e di morte. Ma è grazie a lui, grazie al suo messaggio Divino, che i nostri cuori si aprono alla speranza. Una fiducia fondata su di Lui: Gesù, il Cristo, il Volto di Dio rivelato a noi tutti. Quel Dio che ha voluto nascere nel mondo e per il mondo. Spetta a noi accoglierlo: soprattutto nel nostro cuore.
Ma per accogliere il Figlio di Dio che è venuto in mezzo a noi squarciando il buio della nostra solitudine nell’universo, dobbiamo fare un salto di fede. Non un balzo nel buio di un fideismo che non lascia spazio alla ragione, ma nella luce di una fede che cresce anche con l’aiuto della ragione, visto che “La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s'innalza verso la contemplazione della verità”[19], come ebbe a dire il compianto e Santo papa Giovanni Paolo II.
In questo piccolo, fragile, bimbo galileo affiora tutta la lungimiranza e la saggezza, oltre che il mirabile insegnamento di un Dio infinito che si rende finito, per noi. Il Dio delle galassie e degli universi che si rivela agli uomini nella debolezza estrema di un piccolo bambino di Betlemme.
L’infinitamente grande si comunica all’infinitamente piccolo per permettergli di intelligere. Sapete che significa intelligere? “Etimologicamente deriva da intus (deontro) e legere (raccogliere), quindi "raccogliere dentro" il nostro cuore e la nostra mente.
E allora, l’infinitamente grande si comunica all’infinitamente piccolo per permettergli di intelligere, il mirabile Disegno d’amore che si realizza nell’umiltà, nella semplicità, nella povertà di spirito. Un disegno che tutti possiamo comprendere in pienezza, e perciò amare, riamando quello stesso Dio che è assoluta semplicità, ed amore illimitato per l’uomo e nell’uomo. Ma a una condizione: che ci liberiamo della calce che ha indurito i nostri cuori, impedendoci di cogliere, la meraviglia e lo stupore dei piccoli, di fronte a Dio che si rivela a noi nell’Amore.
Tutto questo converge verso il Figlio di Dio nato da Maria: Gesù, il Cristo. Lui solo può lenire le nostre angustie e confortare i nostri cuori, assillati da mille problemi e feriti dalle vicende dolorose che si accompagnano alle nostre storie personali e sociali.
Solo Gesù può dare un senso pieno e profondo alla nostra vita. Solo lui può veramente rispondere alle nostre attese di una Festa che ci ricordi sempre quello che Dio ha fatto per noi e continua a fare per noi.
Non posso chiudere la mia riflessione sul Natale, senza citare un pensiero di colui che è stato il grande Mistico del Natale: Padre Pio da Pietrelcina.
“Al cominciarsi della sacra novena in onore del santo Bambino Gesù il mio spirito si è sentito come rinascere a novella vita; il cuore si sente come abbastanza piccino per contenere i beni celesti; l'anima sente tutta disfarsi alla presenza di questo nostro Dio per noi fatto carne. Come fare a resistere a non amarlo sempre con ardore?!
Oh appressiamoci al Bambino Gesù con cuore immacolato di colpa, che ne gusteremo quanto sia dolce e soave l’amarlo. Non mancherò giammai, e molto più in questi santi giorni, di pregare il divin Pargoletto per tutti gli uomini….. Lo pregherò affinché vi voglia far partecipe di tutti quei carismi che sì largamente ha diffuso e va sempre più diffondendo nel mio spirito”.
Sereno e Santo Natale a tutti voi, e alle vostre famiglie. Dio vi ama! All'infinito!
[1] Mt 1,18-24.
[2] Mt 1,2.
[3] Mt 1,16.
[4] Normalmente sposa all'età di 12-13 anni.
[5] Cfr. Bruno Maggioni, A Betlemme nei giorni di Erode, in Storia di Gesù Ed. Rizzoli, 1983, volume I, pag. 50.
[6] Cfr. Mt 1,19.
[7] Mt 1,20-21.
[8] Se ne contano cinque nel vangelo dell’infazia di Gesù secondo Matteo.
[9] Gianfranco Ravasi, I Vangeli del Dio con noi, Edizioni Paoline, seconda edizione 1994,74.
[10] Cfr. Gn 1,2.
[11] Mt 1,22-23.
[12] Mt 1,23.
[13] Is 7,14.
[14] Mt 1,21.
[15] Zc 9,16.
[16] Cfr Mt 9,2-3.
[17] Ef 3,9.
[18] 1Col 2,27.
[19] Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Fides et Ratio, 14 settembre 1998.

